Una cartolina dal fronte e un secolo di storia

Ritrovata tra i ricordi di famiglia a Villa Lagarina

Una cartolina dalla prigionia. Personalizzata, con la foto di due soldati in divisa autro-ungarica davanti e poche righe scritte a mano con penna e calamaio sul retro. È stata spedita un secolo fa, il 14 maggio 1918 per la precisione, ed è stata conservata per tutto questo tempo tra i ricordi più cari della famiglia Candioli, nella casa di Villa Lagarina. Racchiude cento anni di storia, che quest’anno più che mai rappresentano una preziosa testimonianza del passato, di come nei paesi avevano vissuto il tempo di guerra. «Era indirizzata a mia madre, Maria Galvagnini» racconta Marco Candioli. «A spedirla è stato mio padre, Vittorio, che prima di partire per la guerra era il suo fidanzato. Si erano frequentati per poco però, perché nel luglio del 1914 lui partì per il fronte. Era stato richiamato al fianco degli austriaci». A casa le notizie erano sporadiche, cosa che facciamo fatica ad immaginare al giorno d’oggi sempre connessi con il mondo. Negli anni della guerra sembra tutto sospeso ed una cartolina come questa rappresentava una promessa, unita alla speranza che una volta messe da parte le armi la vita sarebbe potuta riprendere. Vittorio Candioli si era fatto immortalare in posa accanto all’amico di Nogaredo Guido Graziola, che gli salvò la vita quando si ammalò di pleurite.
«Tiumen, 14 maggio 1918. Sempre carissima, giacché mi chiedesti la mia foto sono a spedirtela - si legge in quelle poche ma intense righe -. Di salute sto bene, come spero di te e famiglia. Intanto abbiate un fisso baccio tuo sempre Vittorio. Salutti a mia famiglia. Ciao».

Questa cartolina, come molte altre arrivate dal fronte, racconta molto di più di quanto c’è scritto. Ci sono il timbro della censura ed uno con caratteri cirillici. È stata spedita da Tiumen, in Russia, 2.500 chilometri ad est di Mosca. Era la prima città di prigionia della Siberia. «Lì i prigionieri venivano presi in affitto come braccianti ed a giudicare dalla foto di questi due soldati, dagli stivali in cuoio che portavano e dal fatto che si trovavano in uno studio fotografico, si può dedurre che si trovavano in una città e non in un campo di concentramento e che erano in buone condizioni» spiega Camillo Zadra, direttore del Museo storico della guerra di Rovereto. Il fatto che erano prigionieri si deduce anche dalla mancanza dei gradi sulle loro divise.
È una storia a lieto fine quella di Maria e Vittorio, che una volta finito il primo conflitto mondiale hanno potuto costruire la loro famiglia. Proprio come sognavano e con quella speranza che è stata la forza per andare avanti nei giorni più bui. Per Marco Candioli quella cartolina ritrovata tra i ricordi è una delle più belle testimonianze d’amore dei suoi genitori. «Mia madre era decisa ad aspettare il ritorno del suo Vittorio - racconta -. Anche se mia nonna le ripeteva che era assurdo aspettare chi non sarebbe tornato». Invece quel giorno tanto atteso arrivò, anche se passarono sei lunghi anni dalla partenza. Vittorio Candioli tornò a casa il 20 luglio 1920. «Probabilmente dopo la prigionia ha fatto ritorno in Italia attraverso la transiberiana» racconta Zadra.

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