Delitto / Memoria

Trucidato in piazza Dante, tredici anni dopo la città ricorda Miguel con una panchina

Aveva difeso una ragazza molestata, fu brutalmente aggredito con un ramo e morì riverso nel laghetto: era una persona mite, incensurato, ben voluto da tutti: non va dimenticato

di Leonardo Pontalti

TRENTO. Tredici anni dopo la sua scomparsa, Trento onorerà Miguel Angel Cayo Ramirez, per non dimenticarlo.

In pochi, sentendone il nome, ricorderanno forse chi era. Forse qualcuno ricorderà però come era stato ucciso: nella notte tra il 28 e il 29 aprile 2009 venne massacrato con un ramo e morì dopo essere finito agonizzante nelle acque del laghetto di piazza Dante.

Ad ammazzarlo, a 35 anni, era stato un cittadino marocchino che aveva iniziato a importunare pesantemente una ragazza. Miguel era intervenuto in difesa della giovane, allora minorenne, temendo che la cosa avrebbe potuto sfociare in vere e proprie violenze e lo aveva invitato a smetterla.

La reazione dell'uomo era stata improvvisa e brutale, come avevano stabilito anche le indagini portate avanti nei giorni successivi dalla squadra mobile, esaminando le immagini delle telecamere presenti in zona, che avevano ripreso tutte le scene di quei terribili momenti.

Il marocchino - condannato poi a sedici anni di reclusione - aveva spezzato un ramo da uno degli alberi vicini al laghetto, dove sia lui che la vittima si trovavano in quel momento, colpendo più volte il trentacinquenne fino a farlo finire in acqua senza sensi, se non già stroncato dai traumi subiti.

Il gip Marco La Ganga all'epoca, esaminando le fonti di prova raccolte dalla mobile e messe a disposizione del pm Davide Ognibene, parlò di «vera e propria mattanza». Una rabbia cieca che aveva spezzato la vita di un ragazzo mite.

Miguel Angel Cayo Ramirez era arrivato a Trento dopo che alcuni dei parenti si erano trasferiti dal natio Perù in Trentino, ad Arco. Lui aveva preferito girovagare. Viveva in città dove non aveva un rifugio stabile: spesso erano proprio le panchine di piazza Dante o di altre zone della città, il suo letto. Miguel non aveva mai avuto problemi, era morto da incensurato. Era riuscito a dribblare le proposte di chi offre soldi e vitto a chi non ne ha offrendo impiego come terminali dello spaccio e viveva praticamente di elemosina e compagnia.

A Miguel piaceva bere, meglio vino se possibile e spesso nei suoi anni a Trento preferiva unirsi alle compagnie a spasso per la città e farsi offrire qualche giro, piuttosto che chiedere monete e andare a ubriacarsi da solo. Mai molesto, mai fuori posto. Sempre posato, sempre sorridente. In cambio, sapeva essere davvero di compagnia, con la sua mente brillante: aveva sempre con sé un block notes, sul quale annotava aneddoti e inventava canzoni, oltre a cantare.

La sua scomparsa aveva fatto scalpore per la brutalità. Ma in pochi si erano mossi per ricordarlo, anche dopo che era emersa la verità: era stato ammazzato per aver difeso una ragazza da una possibile violenza.Tra coloro che si sono spesi fin dal 2009 affinché la sua storia non fosse dimenticata c'è Roberto Gallina, film maker trentino che già da anni aveva proposto al Comune di ricordare con una targa o in altro modo quello che è in tutto per tutto il sacrificio di un ragazzo perbene, morto per aver agito in difesa del prossimo.

«C'erano già stati contatti con la precedente amministrazione comunale, ma non se ne era fatto più nulla. Ora grazie al sindaco Franco Ianeselli, da subito dimostratosi sensibile alla questione, Miguel sarà ricordato».

Anche Roberto, come tanti altri trentini e non, non era amico di Miguel: lo conosceva, come tanti che lo incontravano ogni sera in città.

«Finalmente il 28 aprile, alle 14, ci ritroveremo proprio vicino al laghetto di piazza Dante, dove su una delle panchine verrà apposta una targa in ricordo di Miguel. Ci saranno anche la sorella e il fratello, che vivono ad Arco, Guadalupe e Jesus in rappresentanza dei genitori che vivono in Perù».

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