Trento / Il Tema

Gli Urbanisti dicono no al nuovo stadio in periferia

La Provincia vorrebbe il nuovo impianto nella zona sud della città, il Comune a Piedicastello. Gli architetti Franceschini, Giovanazzi e Toffolon concordi anche sulla riqualificazione dell'area del Briamasco: una piazza e un polo espositivo

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di Daniele Benfanti

TRENTO. In prossimità del centro o in periferia? Inserito in una cittadella sportivo-commerciale o limitato all'offerta sportiva calcistica e ad eventi musicali e spettacoli? Il nuovo stadio di Trento è oggetto di dibattito. Politico, tecnico, sociale. La promozione del Trento Calcio tra i professionisti dopo 18 anni ha riportato alla ribalta la questione.

Entro fine agosto verranno investiti 900.000 euro (600.000 euro a carico di Palazzo Thun, gli altri messi sul piatto dalla Provincia) per l'adeguamento del vecchio Briamasco: illuminazione, videosorveglianza, tribuna ospiti, percorsi per tenere distanti le tifoserie avversarie.

Da anni sul tavolo c'è l'idea della Provincia (condivisa dal presidente gialloblu Mauro Giacca) di costruire un nuovo stadio da 10.000 posti e campi di allenamento a San Vincenzo, sui terreni destinati un tempo a veder realizzate nuove caserme che non ci saranno mai e poi destinati a manifestazioni occasionali (come l'Oktoberfest trentina) o soluzioni tampone (come l'attuale drive-through, il centro vaccinale per automobilisti).

Ma l'amministrazione comunale attuale (sindaco Ianeselli in testa) non ha fatto mistero di preferire il nuovo stadio sul sedime dell'ex-Italcementi, in destra Adige, in zona Piedicastello. Più vicino alla città, al futuro grande parcheggio multipiano, in un'ottica nordeuropea.

«Lo spostamento del Briamasco è un tema di grande urgenza - sottolinea Alessandro Franceschini, architetto e urbanista - che avrebbe dovuto essere probabilmente già affrontato nella pianificazione urbana: ad oggi lo stadio si configura come un oggetto avulso dal suo contesto. Quando è stato costruito, era collocato nella periferia urbana, vicino alla vecchia fabbrica Michelin: e questo aveva probabilmente un senso. Ma oggi lo stadio appare come grande manufatto improprio rispetto al comparto urbano dov'è inserito: oggi quell'area, con il Muse, il Palazzo delle Albere e il grande parco, rappresenta uno dei salotti buoni della città».

Sulle scelte per il futuro, Franceschini predica ponderazione e serietà: «Gli stadi sono oggetti bellissimi ma anche pericolosi. Per questo occorre immaginare una collocazione che non sia né troppo "urbana", né troppo "periferica": nel primo caso ci si troverebbe davanti ad un oggetto troppo ingombrate; nel secondo a un'infrastruttura che potrebbe rilevarsi scarsamente gestibile e devastante per il territorio agricolo.

Andrebbe implementata - suggerisce Franceschini - un'analisi multicriteriale, capace di essere inclusiva ma anche di far sintesi tra diverse opzioni a favore dei decisori politici».

L'Ordine provinciale degli architetti e dei pianificatori non ha preso una posizione netta ma con neutralità sta cercando di mettere sul piatto della bilancia pro e contro di ogni scelta.

Marco Giovanazzi, presidente degli architetti trentini, anticipa: «Come ordine professionale, dopo ferragosto abbiamo in programma un evento in cui valutare esperienze italiane ed estere, con il supporto di esperti. Lo stadio non è solo un luogo di sport, ma ha forti implicazioni».

L'architetto Giovanazzi, smessi i panni neutrali di presidente dell'Ordine, da libero professionista, però, un'idea più definita ce l'ha già: «Personalmente non sono convinto che valga la pena creare un altro polo extraurbano a Trento Sud. Sono andato allo stadio negli anni ottanta e spero che il Trento si consolidi nel professionismo, ma non abbiamo la tradizione di altre città del Nord-est, come Verona o Udine, e i trentini la domenica per il tempo libero hanno l'imbarazzo della scelta, non come nelle città di pianura».

Decisamente contrario a una cittadella sportiva in località San Vincenzo è Beppo Toffolon, presidente di Italia Nostra: «Credo sia uno sbaglio saldare urbanisticamente Trento Sud a Mattarello. Quell'area doveva rimanere agricola. È stato un errore, da parte della Provincia, acquisirla. E direi di no a cittadelle che poi rimarrebbero isolate, senza viabilità adeguata e senza collegamenti pubblici.

Piuttosto a Piedicastello, dove c'è già una pianificazione nel nuovo Prg che ritengo sbagliata.

Lì vedrei meglio lo stadio che un centro polifunzionale che rimarrebbe estraneo al tessuto urbano. Ma subordinerei ogni ragionamento al progetto di interramento della ferrovia e al Nordus, la metropolitana di superficie e al progetto della tramvia. Ci sono vuoti urbani da riempire e mobilità da garantire».

Nessun dubbio sul recupero degli spazi occupati dall'attuale Briamasco.

Sia Toffolon che Franceschini ci vedrebbero una piazza che riqualifichi l'area che verrebbe lasciata libera dallo stadio e che potrebbe dare prestigio a palazzo delle Albere, sacrificato dalla presenza del Muse.

«Una piazza - immagina l'architetto Franceschini - capace di essere "cerniera" tra il fiume e il futuro boulevard sul sedime ferroviario. Naturalmente la destinazione non può che essere legata al terziario, magari riflettendo bene se non possa essere lì la sede del polo fieristico ed espositivo urbano, forse più adatta che all'Italcementi, dov'è attualmente prevista».

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