La memoria di Giannantonio Manci come suggestione per il presente

Ricordata poco fa a Trento, nell’anniversario della morte, la figura di Gian Antonio Manci, uno dei capi della Resistenza in Trentino.

Presenti il sindaco Andreatta, i presidenti dell'Anpi Trentino, Cossali, e Alto Adige, Donatini oltre a una rappresentanza di iscritti alla stessa associazione partigiani.

«La figura di Manci più attuale che mai, uomo di pensiero e di azione che sapeva volare alto e guardare lontano, lottando per i valori della libertà e della democrazia», ha detto Andreatta).

«Sentire parlare di muri ed esercito: questa non è l'Europa che avrebbe voluto Manci: la tragedia dell'immigrazione va affrontata con accoglienza e solidarietà, ma anche rigore», hanno sottolineato Cossali e Donatini.

Nato a Trento nel 1901, deceduto a Bolzano il 6 luglio 1944, rappresentante di commercio e medaglia d’oro al valor militare alla memoria, Manci, partito volontario nella prima guerra mondiale, aveva combattuto come ufficiale nel Battaglione «Brenta» del 6/o Alpini. Nel 1940-41, Manci aveva prestato servizio a Trento, col grado di capitano, presso il deposito dell’11 Reggimento alpini di Trento.

L’8 settembre 1943, all’annuncio dell’armistizio, era entrato nelle file della Resistenza, impegnandosi nell’organizzazione del movimento partigiano trentino. Ai primi di luglio del 1944, in seguito ad una delazione, Giannantonio Manci fu arrestato dai tedeschi. Rinchiuso nelle carceri di Bolzano, per non cedere alle torture si tolse la vita, gettandosi da una finestra durante un interrogatorio.

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