M5S: la consigliera Bottamedi se ne va

Manuela Bottamedi lascia il Movimento Cinque Stelle. Lascia i colleghi grillini perché «la frattura è ormai insanabile». Dopo che il Meet Up le ha tolto il ruolo di capogruppo in consiglio provinciale e dopo le critiche dell'ala ortodossa ha deciso di fare un passo indietro: via dal Movimento. Le dimissioni le presenterà oggi. L'ormai ex pentastellata ha deciso di brillare da sola. Ma la consigliera provinciale non lascia il Consiglio: «Non entrerò in un gruppo misto. Questo no, perché significherebbe consegnarmi alla morte politica, all'oblìo»I vostri commenti

di Andrea Tomasi

bottamedi degasperi m5s movimento 5 stelleManuela Bottamedi lascia il Movimento Cinque Stelle. Lascia i colleghi grillini perché «la frattura è ormai insanabile». Dopo che il Meet Up le ha tolto il ruolo di capogruppo in consiglio provinciale e dopo le critiche dell'ala ortodossa ha deciso di fare un passo indietro: via dal Movimento. Le dimissioni le presenterà oggi. L'ormai ex pentastellata ha deciso di brillare da sola. Ma la consigliera provinciale non lascia il Consiglio: «Non entrerò in un gruppo misto. Questo no, perché significherebbe consegnarmi alla morte politica, all'oblìo».
Bottamedi - 45 anni, insegnante di diritto all'istituto tecnico, economico e tecnologico Floriani di Riva del Garda - ritiene che il Meet Up non possa destituirla («16 i voti del Meet Up»). Ma tant'è. E prima di trovarsi espulsa (la decisione finale spetta comunque al leader nazionale Beppe Grillo) gioca d'anticipo e se ne va. «Evidentemente, anche nel Movimento, non sono bene accette le donne pensanti». Rivendica la libertà di votare a favore delle quote rosa, di contestare l'alleanza europea con Farage, di difendere le scuole equiparate e di proporre, per le Comunali, una possibile lista civica allargata.

 

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Ma se non entra nel gruppo misto, dove si collocherà?
«Non lo so. Tecnicamente credo che tutto sia possibile. Credo ci sia la possibilità per ognuno di creare un gruppo proprio. Posso comunque valutare di entrare in un gruppo vicino».
 

Quale?
«Non lo so. Ma alle mie condizioni».
 

Quali?
«Un gruppo che mi valorizzi: la cosa forse più importante che mi è mancata in questi mesi di lavoro in Consiglio. Poi voglio la mia autonomia, la possibilità di conservare la mia trasversalità di azione».
 

Se ne va prima di essere cacciata ufficialmente.
 «Il rischio di essere marchiata a vita come "l'espulsa da Grillo" esiste, ma non è questa la ragione principale. Me ne vado soprattutto perché non ci sono più le condizioni per lavorare nel Movimento, non a livello trentino: troppe polemiche, troppo fango. C'è una spaccatura profonda e insanabile con il collega (Filippo Degasperi, che siede con lei in consiglio provinciale, era il candidato presidente,ndr). Lui va avallando tutte le decisioni del gruppetto degli ortodossi e si mette automaticamente in contrapposizione con me».
 

Bottamedi, da tempo si parlava dei suoi rapporti difficili con l'ala dei fedelissimi alla linea di Grillo. Adesso può fare anche i nomi.
«Sono stata contesta da Cristiano Zanella, da Paolo Vergnano. Meno da Riccardo Fraccaro, che sta a Roma e segue le vicende a distanza. Io rivendicavo il diritto di essere dialogante con tutti. Mi è stata contestata pure la foto con Silvano Grisenti (Pt). Mi è stato detto che dovevo tenermi lontana dai rappresentanti di quella politica. Mi vogliono buttare fuori e a volerlo è un autoproclamato direttorio a Cinque Stelle».
 

E il rapporto con il suo collega Degasperi?
«Paradossalmente, all'interno del Consiglio, Filippo è la persona con cui faccio più fatica ad intendermi a livello si stile, personalità e comportamento umano. Io ce l'ho messa tutta, cercando di superare le frizioni. Poi arrivi al punto che ti rendi conto che la cosa non funziona. È difficile intendersi sulle linee fondamentali. È impossibile quando ti chiedono di comportarti come un soldatino. Così ognuno prende la propria strada».
 

Da qui la decisione di autoespellersi.
«Non è l'espressione che userei io, ma sì. Ho pensato che gli altri potrebbero invocare l'intervento di Grillo: una mossa che ci sta, all'interno della procedura a livello nazionale. Lui è il nostro unico referente, il detentore del marchio e della certificazione. Certo, potrebbe dire: "Ragazzi, lasciamo perdere, che il Movimento ha cose più importanti di cui occuparsi". Lo ha fatto a Firenze, ad esempio. Oppure potrebbe scattare l'espulsione. Ma non potranno mai espellermi».
 

Insomma anticipa tutti. E dopo che accadrà?
«Io posso solo dire che voglio lavorare: essere messa nelle condizioni di lavorare per i 1400 elettori che mi hanno votata e per tutti i trentini».
 

A proposito, una delle ragioni del successo del Cinque Stelle è la lotta ai costi della politica. Lei, uscendo dal Movimento, continuerà a rinunciare a parte del suo compenso da consigliere o si sentirà libera di percepire l'intera somma come fanno i suoi colleghi degli altri partiti?
«Finora, come consigliere Cinque Stelle, ho restituito circa 10 mila euro. Noi riceviamo tutta la cifra (circa 5.300 euro/mese) e poi andiamo in banca a restituire la quota che consideriamo in eccesso: circa 1700 euro al mese. Soldi, questi, che purtroppo ritornano nel calderone della Provincia, che così però li può utilizzare per altri sprechi. Assurdo. In più di un'occasione ai miei colleghi ho proposto di utlizzare quelle somme per sostenere il Movimento, visto che a livello locale abbiamo rinunciato ai 50 mila euro di finanziamento come partito. Ma non è stata accolta. Alla quota comunque rinuncio anche stando fuori dal M5S. La voglio destinare però a qualcosa che abbia un senso. Penso anche a progetti nel sociale».
 

Qual è in questo momento il suo sentimento prevalente?
«È un misto di delusione, amarezza, dolore e tristezza. Per me è finito un sogno, si è chiuso un progetto. ll progetto Cinque Stelle per me è fallito non per le idee che sono condivisibilissime e sempre valide ma per il metodo: l'essere una forza "liquida" è penalizzante. Mi auguro che chi deve decidere intervenga per porre rimedio, ma onestamente non vedo segnali in questo senso. Ma in me c'è anche speranza di lavorare e rendermi utile al Trentino. Non chiedo altro».

 

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