Le prostitute a Trento «senza libertà e diritti»

«Tra le ragazze che si prostituiscono a Trento ci sono anche delle schiave che vivono in uno stato di totale mancanza di libertà e diritti. Questo non bisogna mai dimenticarlo, anche se a volte si perde la percezione della situazione umana e umanitaria disastrosa nella quale vivono. A noi capita di trovarle in via Brennero e con educazione ma commozione ci chiedono di andare via perché per giorni non hanno lavorato e hanno bisogno di soldi per mangiare». Valentina Musmeci, presidente dell'associazione L'Altrastrada, si sofferma sul lato umano della questione prostituzione in Trentino

«Tra le ragazze che si prostituiscono a Trento ci sono anche delle schiave che vivono in uno stato di totale mancanza di libertà e diritti. Questo non bisogna mai dimenticarlo, anche se a volte si perde la percezione della situazione umana e umanitaria disastrosa nella quale vivono. A noi capita di trovarle in via Brennero e con educazione ma commozione ci chiedono di andare via perché per giorni non hanno lavorato e hanno bisogno di soldi per mangiare».
Valentina Musmeci, presidente dell'associazione L'Altrastrada, si sofferma sul lato umano della questione prostituzione in Trentino. Qualche giorno fa il questore Iacobone e l'ispettore Gremes hanno illustrato la situazione alla commissione comunale pari opportunità: freddi numeri e considerazioni che non trovano del tutto riscontro nella realtà di chi ogni settimana cerca di avvicinarsi umanamente a queste ragazze.

 

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«Noi crediamo - prosegue Musmeci - che il numero di prostitute sia ben maggiore delle trentacinque dichiarate dal questore. Abbiamo a che fare con circa una quindicina di ragazze africane e poi ci sono quelle dell'Est. Possiamo dire che non c'è un calo dei numeri, ma un cambio di flussi. Molte, ad esempio, si recano nel nord Europa, ad esempio in Danimarca o in Germania, pensando di poter guadagnare di più. Quando capiscono che il costo della vita è molto alto tornano indietro. E molte si stanno spostando da Rovereto verso Trento o da Trento verso Bolzano, con alcuni casi di prostituzione diurna anche nella zona di San Michele. Ma quello che a noi sta a cuore, a parte i meri numeri, è la condizione di queste ragazze. Le africane sono vittime di una sorta di ricatto morale: nella loro terra subiscono di riti voodoo durante i quali vengono annunciati tragici avvenimenti se in Italia non si comporteranno bene. Una volta giunte qui sono controllate dalle «maman», delle donne che le ospitano e che vengono considerate l'unica speranza della tanto agognata crescita sociale. Che, purtroppo per loro, non avverrà mai».
Iacobone dice che il problema è rilevante ma non grave. D'accordo?
«Dalla nostra esperienza il problema è sia rilevante sia grave. Per quanto riguarda le ragazze dell'Est noi non ce ne occupiamo e non entriamo nemmeno nella loro zona. Per le africane, come detto, ci sono le «maman», ma questo non toglie che i veri «papponi» esistano e siano delle organizzazioni criminali rispettate e temute che agiscono direttamente dall'Africa. Queste ragazze soffrono, quando le incontriamo spesso piangono raccontandoci la loro vita. Noi vogliamo che questi aspetti vengano percepiti da tutti e come associazione lavoriamo sul tema della sensibilizzazione verso la cittadinanza perché si renda conto di quello che accade nelle nostre strade e sia consapevole del dramma che vivono queste ragazze, anche perché la maggior parte dei clienti sono trentini, anche dalle valli».
«È in corso - prosegue Musmeci - la richiesta di un incontro con le forze dell'ordine, in un tavolo di discussione congiuntamente a molte altre associazioni del territorio che si occupano del problema della tratta, per l'applicazione dell'articolo 18 anche per questioni di emergenza sociale, considerato che alcune nigeriane sono costrette a prostituirsi sulla strada anche in stato di gravidanza avanzata».

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