Al Muse «Tutti in sella!» con le storie di Gino Bartali

Gino Bartali costruì con il Trentino un rapporto di passione e successi. Tanto che il Muse ha deciso di dedicare una mostra al campione fiorentino, ricordando così i cent'anni dalla sua nascita (era il 18 luglio del 1914). Inaugurata nel pomeriggio di ieri, l'esposizione «Tutti in sella! Sulle strade e nei campi, storie di biciclette e di Gino Bartali» coglie l'occasione di ripercorrere anche la storia del ciclismo in Trentino, dagli ultimi decenni dell'Ottocento fino ad oggi. Per poi mettere a fuoco l'attuale panorama cicloturistico trentino supportato dai 410 chilometri totali di piste ciclabili presenti sul territorio provinciale

Gino Bartali costruì con il Trentino un rapporto di passione e successi. Tanto che il Muse ha deciso di dedicare una mostra al campione fiorentino, ricordando così i cent'anni dalla sua nascita (era il 18 luglio del 1914). Inaugurata nel pomeriggio di ieri, l'esposizione «Tutti in sella! Sulle strade e nei campi, storie di biciclette e di Gino Bartali» coglie l'occasione di ripercorrere anche la storia del ciclismo in Trentino, dagli ultimi decenni dell'Ottocento fino ad oggi. Per poi mettere a fuoco l'attuale panorama cicloturistico trentino supportato dai 410 chilometri totali di piste ciclabili presenti sul territorio provinciale.

 


Senza dubbio, il centro della mostra è la cupola in legno dedicata alla figura del Campionissimo: visivamente è molto scenografica la scelta di appoggiare cinquanta ruote sulla curvatura della struttura stessa. Sono tre gli allestimenti fissati su quest'ultima, che cadono innanzi allo sguardo del visitatore. E a catturare l'attenzione di curiosi ed appassionati è principalmente la bicicletta con cui, nel 1948, il Ginettaccio italiano vinse il Tour de France. «Allora, l'attentato al segretario del Partito comunista Palmiro Togliatti portò l'Italia sull'orlo della guerra civile - dice il curatore della mostra per la Fondazione museo storico Alessandro de Bertolini - E la vittoria di Bartali contribuì a raffreddare gli animi: si narra addirittura che Alcide De Gasperi gli abbia telefonato augurandogli di vincere il Tour».
Sotto la cupola in legno, tutto lo spazio è per lo scalatore d'oro che nel 1936 vinse il suo primo Giro d'Italia, prendendo il testimone direttamente dalle mani di Costante Girardengo (alla sua ultima corsa a tappe tricolore). Gli altri due allestimenti citati sopra, sono «schede», riguardanti in primis la vita di Bartali e le sue vittorie principali. Dulcis in fundo, il suo idilliaco rapporto con il Trentino. «Fu un grande scalatore - afferma de Bertolini - tanto che nelle tappe di montagna era in grado di raggiungere il traguardo con un ampio margine di distacco sugli inseguitori». Basti pensare al 1937 (vinse il suo secondo Giro d'Italia) quando nella tappa che vedeva inseriti il passo Rolle e il Costalunga Bartali arrivò al traguardo con sei minuti di vantaggio. Sicuramente è questo uno dei principali fondamenti dell'affetto verso il nostro territorio, dove le salite impegnative assolutamente non mancano. «Ed anche nel dopoguerra, quando esplode la rivalità con l'amico ed avversario Fausto Coppi - ricorda de Bertolini - il Ginettaccio ha nel cuore le Dolomiti, dove conquista la maglia rosa e se la porta fino a Milano vincendo il suo ultimo Giro d'Italia (1946)». Non solo Gino Bartali. Accanto al «tempio» a lui dedicato si trova l'esposizione «sospesa» di circa una decina di biciclette, a testimonianza dell'evoluzione delle due ruote ma soprattutto a simboleggiare i grandi campioni che il Trentino ha regalato al ciclismo. E qui entrano in scena le famiglie Moser.

Quella più osannata, dei fratelli Aldo e Francesco, e quella, non meno importante, di Ermanno con il figlio Flavio. Per fare un esempio, tra gli «illustri» esemplari non mancano la bicicletta con cui Francesco Moser partecipò alla Parigi Roubaix nel 1978 oppure quella con cui Ermanno Moser corse al Giro d'Italia nel 1935. Da non scordare alcuni modelli legati a Maurizio Fondriest e Gilberto SImoni. E gli «esemplari» presenti si spingono piuttosto indietro nel passato: «Il biciclo sospeso risale al 1885 - indica de Bertolini - e tra i modelli esposti c'è anche la bicicletta che venne data in dotazione al battaglione dei bersaglieri ciclisti dell'Esercito italiano».
Le citate «leggende» del ciclismo trentino sono inserite nel percorso proposto dalla mostra (visitabile fino a lunedì 9 giugno), che vuole ripercorrere la storia del ciclismo in Trentino: dalla nascita del Touring Club alla creazione della Federazione ciclistica provinciale, dalla tassa sulla bicicletta alle regole di circolazione, dal «codice del ciclista» a alla «democratizzazione del mezzo», dall'arrivo del Giro d'Italia in Trentino ai rapporti con la stampa locale. Per concludere con un'esauriente panoramica sull'evoluzione dei componenti della bicicletta. Il tutto accompagnato da musica e letture, con rappresentazione su pannelli illustrativi che riportano, oltre alle didascalie, alcune foto d'epoca.
«Tutti in sella» non è uno slogan scelto a caso: il Muse ne approfitta per promuovere sostenibilità ambientale e mobilità alternativa. In questo contesto si inserisce la rappresentazione della rete di percorsi ciclabili attrezzati presenti in Trentino (410 chilometri) dalla Valle dell'Adige alla Valsugana, dal Primiero alla Valle di Sole, dal Garda trentino alla Valle di Non, dalle Valli di Fiemme e Fassa alle Giudicarie e Rendena.

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