Assediata dagli accattoni al parcheggio del S. Chiara

La lettera giunta in redazione da parte di Cristina: «Io arrivo intorno alle 7.45 e non faccio in tempo ad entrare con la macchina che già c'è una persona che mi affianca correndo, e poi, mentre cerco di scendere dalla macchina, mi viene vicino e chiede con insistenza denaro; la scena si ripete anche mezz'ora dopo quando voglio ripartire. Sono almeno tre le persone che corrono da una macchina all'altra, da un automobilista all'altro»

LA LETTERA

Prendendo spunto dalle lettere dei signori Sergio Bertoni e Renzo Apolloni, voglio anch'io descrivere le mie esperienze nel parcheggio dell'ospedale Santa Chiara, nel quale devo parcheggiare settimanalmente da fine novembre. Io arrivo intorno alle 7.45 e non faccio in tempo ad entrare con la macchina che già c'è una persona che mi affianca correndo, e poi, mentre cerco di scendere dalla macchina, mi viene vicino e chiede con insistenza denaro; la scena si ripete anche mezz'ora dopo quando voglio ripartire.
Sono almeno tre le persone che corrono da una macchina all'altra, da un automobilista all'altro. Una volta una di queste persone mi ha sorpresa alle spalle, mentre salivo in macchina, mi sono girata e mi sono ritrovata con la portiera della mia macchina dietro di me e vicino la macchina adiacente, senza possibilità di muovermi e ho dovuto alzare la voce per fare allontanare questa persona. Non è stato piacevole, la maggior parte delle persone che frequenta questo parcheggio ha dei problemi di salute, e farebbe volentieri a meno di questo ulteriore disagio.
Chi poi decidesse di pagare il parcheggio, trova una ragazza abbracciata alla colonnina blu per i biglietti, pronta anche lei a chiedere denaro. Questa ragazza, quando i parcheggi a pagamento si sono esauriti, si trasferisce nell'atrio dell'ospedale, dove ci sono le persone in fila col portafoglio in mano per pagare le prestazioni, e inizia lì la sua attività di richiesta di denaro. Io una volta ho anche chiamato il 113, ma mi sono sentita rispondere: «insomma, chiedono solo la carità».
 Cristina Oberosler  - Trento
 

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