Grazie Presidente

L'Italia deve essere profondamente grata e riconoscente a questo anziano servitore dello Stato che, in un'età in cui è giusto godersi il riposo di una vita intensa di impegni, ha accettato il gravoso compito di cui una classe politica sfatta e impotente, o soltanto parolaia, non è stata in grado di farsi caricoI tuoi commenti

di Pierangelo Giovanetti

napolitanoPer la prima volta nella storia della Repubblica, stasera ascolteremo l'ottavo discorso di San Silvestro del Presidente Giorgio Napolitano. Non è mai successo in questi settant'anni di democrazia italiana, che il Paese e le forze politiche implorassero a stragrande maggioranza la riconferma del Capo dello Stato. E all'età di 88 anni (ne compirà 89 nel 2014), l'inquilino del Colle indirizzerà agli italiani il suo messaggio di speranza e di sprone a combattere le difficoltà e gli ostacoli riponendo fiducia nel futuro.
L'Italia deve essere profondamente grata e riconoscente a questo anziano servitore dello Stato che, in un'età in cui è giusto godersi il riposo di una vita intensa di impegni, ha accettato il gravoso compito di cui una classe politica sfatta e impotente, o soltanto parolaia, non è stata in grado di farsi carico.
Resteranno purtroppo nella storia e nel triste ricordo quei giorni bui dell'aprile scorso quando il Parlamento si ritrovò paralizzato e incapace di esprimere un Presidente, prigioniero di veti incrociati. Era lo specchio di un Paese che si mostrava ingovernabile, lacerato da odi, rancori, violenza verbale, populismi esasperati e demagogia sterile. Solo un'alta figura morale, di prestigio assoluto, di grande forza politica poteva tenere unita la Nazione.

Solo un uomo di acclarato e acclamato consenso fra gli italiani, poteva far alzare lo sguardo oltre la palude, in cui i partiti, ma anche le forze sociali e l'opinione pubblica, erano invischiati e immobilizzati.
Quello di Giorgio Napolitano non è stato un gesto «scontato», né una prassi di normale ovvietà e consuetudine. È stata la risposta eccezionale di fronte ad uno stato di eccezionale gravità in cui il Paese versava. E solo grazie a Napolitano, pur con tutti i limiti che ciò ha portato con sé, si è riuscito a dare all'Italia un governo, ad imprimere all'economia una spinta (pur ancora debole), a far fare un salto generazionale alla classe politica italiana, affacciando alle responsabilità di guida del Paese e della politica una generazione di quarantenni.
Nel guazzabuglio dell'Italia di oggi da troppi anni (ormai decenni) infiacchita e addormentata nella sua paura di cambiare, di rischiare, di assumersi responsabilità, di uscire dalle convenienze e dai cinici tornaconti personali, di categoria, di casta, di diritti acquisiti, la figura di Giorgio Napolitano si è stagliata come una stella polare, una bussola capace di far orientare nella tempesta, un punto fermo nella confusione, una guida sicura quando il percorso si è fatto accidentato.
Certo, tutto questo pur con i limiti di una personalità politica che è prossima alle 90 primavere, che è figlia dell'altro secolo e della sua cultura, che è legata ad esperienze e riferimenti anche istituzionali bisognosi di profonde e innovative riforme. Sicuramente ciò è avvenuto assumendo un ruolo di Presidente profondamente mutato dai tempi della Prima Repubblica disegnata dai costituenti in cui il Capo dello Stato era una semplice notaio dei partiti, strutturati, ancorati nel Paese e istituzionalmente solidi.
Un ruolo nuovo, politicamente più forte e di indirizzo governativo, quello della Presidenza Napolitano, che è venuto determinandosi con lo sgretolamento del sistema dei partiti, l'indebolimento delle leadership, la fragilità - anche decisionale - del quadro generale della politica. Tanto da assumere una vera e propria funzione di supplenza istituzionale e di guida effettiva della Nazione, in attesa di una Riforma che dia compiutezza anche formale ad un cambiamento di fatto già avvenuto, alla oggettiva realtà della Costituzione materiale, che si è nei fatti determinata con le ultime quattro presidenze, da Scalfaro in avanti per fronteggiare il dissolvimento e continua turbolenza del quadro politico in atto.
Proprio la trasformazione determinatasi nella Presidenza della Repubblica rende ormai evidente e auspicabile in tempi rapidi la necessaria elezione diretta del Capo dello Stato, secondo un modello di semipresidenzialismo alla francese, magari temperato da un sistema elettorale a doppio turno. Del resto, il peso istituzionale e di comando che il Quirinale ha assunto di fronte al  vuoto di potere della politica richiede un'elezione a suffragio popolare, e non più affidata a qualche centinaio di Grandi Elettori, succubi del bombardamento dei tweet di minoranze chiassose e organizzate.
Se oggi l'Italia ha retto come Nazione dopo un ventennio di retrocessione in ogni campo dell'economia, della società, del livello di vita, del grado di istruzione; se l'Italia è sopravvissuta al discredito internazionale di fronte al ludibrio generale che ha circondato per anni premier noti al mondo solo per il bunga bunga e per la propria inettitudine e incapacità di governare; se l'Italia è rimasta unità nonostante le spinte alla disgregazione, alla secessione, all'odio razziale, all'insulto come veicolo di comunicazione politica, questo lo si deve solamente a Giorgio Napolitano, e al ruolo di equilibrio e di propulsione che ha svolto con grande saggezza, moderazione e sapienza istituzionale.
Se l'Italia può ancora farcela, e riscattarsi dalla melma in cui è sprofondata per propria inettitudine e per l'incuria colpevole di una classe dirigente del Paese ripiegata soltanto a difendere i propri interessi di casta e individuali, lo si deve a figure come quelle del Presidente della Repubblica. Non certo al vuoto di pensiero (a cui corrisponde un vuoto blaterare) di caudilli del web, principi del populismo demagogico e dell'inconcludenza dei fatti.
Proprio sopra tale pantano di rissa politica continua e di urla sguaiate, il profilo di Napolitano spicca e risalta per chiarezza di pensiero e volontà di azione, imponendosi come imprescindibile riferimento del popolo italiano. Ed è per questo che il Quirinale è preso di mira come obiettivo principale da parte di frange dell'opposizione, estremiste e di scarsa cultura istituzionale, convinte che il tanto peggio risulti a loro tanto meglio.
Proprio la schiettezza con cui Napolitano ha accettato l'implorante richiesta di un secondo mandato da parte di forze politiche che non sapevano più dove sbattere la testa (ribadendo che il mandato è «vincolato» al conseguimento delle riforme necessarie per far rialzare il capo al Paese), aspettiamoci anche stasera un richiamo alto e risoluto, ed uno scossone energico, nel suo tradizionale discorso delle 20.30.
Un appello alle riforme costituzionali ineludibili, ad un maggiore impulso alla crescita economica e alla creazione di lavoro, al rilancio del progetto europeo in vista anche del semestre di guida italiana. E poi la legge elettorale, l'emergenza carceri, la lotta alla corruzione e al malcostume nella politica e nella pubblica amministrazione.
Su tutto, uno sguardo di speranza e di fiducia nel domani, nel futuro dell'Italia, nella forza dei giovani che sono la linfa vera e inespressa del Paese, ma incatenata dalla rassegnazione.
Sarà proprio un novantenne questa sera, un quasi-novantenne a cui gli italiani devono molto, a richiamare al coraggio e alla fiducia nel futuro.
Grazie Presidente. Buon 2014.
 
p.giovanetti@ladige.it
Twitter: @direttoreladige
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