L’omicidio / Reazioni

Rovereto, tra i clochard del Portico: “Faceva paura pure a noi l’uomo che ha ucciso Iris”

I senzatetto roveretani conoscevano bene Chukwuka Nweke e ora dicono: “Quando sgabinava non lo si poteva fermare. E qui dava spesso in escandescenze, tanto che l'hanno buttato fuori più di una volta”

ROVERETO. «Quello è un matto vero, crea sempre casini quando è fuori. Non si capisce come possa girare. Lo conosciamo, certo che lo conosciamo, ma ci stiamo alla larga. Si vede subito che ha problemi. Quando arriva fuori come un balcone è un attabrighe. Anche l'altra sera ha messo le mani addosso a uno. Brutta persona. Per carità, è malato ma fa paura...».

Chukwuka Nweke è un omone, un senza fissa dimora nonostante una famiglia lasciata alle spalle e riparatasi in una struttura di accoglienza, che quando esplode fa male. Il delitto di sabato 5 agosto sera è l'apice di una furia racchiusa nella mente di un uomo di nemmeno 40 anni che, sui problemi psichici, ci soffia anche l'alterazione, perlopiù alcolica. Al Portico, il centro di accoglienza di largo Santa Caterina, lo conoscono bene: ci mangia e ci dorme.

Fino a prima del brutale omicidio, ovviamente. Nella casa del conforto, però, gli astanti sanno bene chi sia. Parlare, certo, non piace, soprattutto a persone che hanno scelto di vivere in modo diverso, dove la riservatezza, spesso e volentieri, ti tiene lontano dai guai. Ma una presenza ingombrante e minacciosa non piace a nessuno. E Chukwuka è, è stato almeno, una spada di Spada di Damocle tra i senzatetto che, al Portico, trovano un frammento di comunità e famiglia.

«Matto, matto duro! - raccontano gli habituée di Santa Caterina - Certo, pensare che avrebbe ucciso qualcuno... Però poteva essere chiunque, una donna o un uomo non ha importanza. Quando sgabinava non lo si poteva fermare. E qui dava spesso in escandescenze, tanto che l'hanno buttato fuori più di una volta». Un pericolo, insomma, senza movente etnico, sociale od economico: semplicemente quando scattava la molla, era un rischio.

«Meglio stargli lontano». La preoccupazione, però, è grande tra chi vive di espedienti. Perché l'omicidio del parco Nikolajewka in Santa Maria avrebbe potuto accadere ovunque, con una vittima qualsiasi. «Non capiamo perché facciano girare gente così, non dovrebbero essere liberi. Non è un matto come gli altri, è uno che alza le mani e non si ferma più». I clochard roveretani, insomma, il presagio ce l'avevano. «Un uomo cattivo e malato. É brutto quanto è accaduto ma si sapeva che era matto. Non ha legato con nessuno, per forza...».

Quell'energumeno dallo sguardo tutto sommato socievole incuteva timore. Aveva due facce: loquace e per certi versi simpatico da "normale", un orco pronto a scoppiare e fare male quando alterato. Una doppia vita che chi bazzica per scelta o per necessità l'asfalto senza un letto e un tetto sicuro conosce bene. Tanto da captare a distanza l'umore e spostarsi altrove. Perché nessuno, ancorché senza un euro in tasca, ha voglia di menare le mani tra gente che non ha nulla da guadagnare ma tutto da perdere, anche il niente che custodisce gelosamente in tasca. La strada, per capirci, aveva subodorato che prima o poi le cose sarebbero finite male.

Certo, non si pensa mai al peggio ma la mente umana, se viziata da virus che con l'elettronica non c'entrano nulla, può spingere agli estremi. Chi annusa la malparata ci sta alla larga. La povera Iris Setti, però, questo non lo sapeva: si è trovata, inerme, nel posto sbagliato al momento sbagliato.

comments powered by Disqus