Covid / L’intervista

Il primario di Rianimazione dell’ospedale di Rovereto: “In terapia intensiva 8 su 10 sono no vax”

Secondo Natale bardati in reparto per i medici e il resto del reparto. Pedrotti: “Se ci comporteremo bene adesso i risultati li vedremo all’inizio del nuovo anno, dipende tutto da noi”

di Luisa Pizzini

ROVERETO. Dentro gli ospedali il Natale non è mai stato diverso dagli altri giorni. Ma solitamente il personale dei vari reparti si ritagliava almeno un momento per mangiare una fetta di panettone assieme. Era l'occasione per scambiarsi gli auguri, rinsaldare il gruppo. Quest'anno, per il secondo Natale di fila, non c'è stato nemmeno un attimo per fermarsi.
«Natale non è mai stato senza lavoro per noi» racconta Giovanni Pedrotti, primario di rianimazione al Santa Maria del Carmine. «Però essere di nuovo chiusi in ospedale con i pazienti Covid, bardati, ci ha impedito perfino un brindisi. E queste tensioni sociali che stanno nascendo anche tra il personale non favoriscono la festa. Quello che succede fuori di qui con i no vax, lo viviamo anche dentro».
Dottore, qual è la situazione del vostro reparto?
«Siamo riusciti a dimettere alcuni pazienti dalla terapia intensiva nei giorni scorsi ma i posti letto sono sempre risicati, il Santa Chiara invece ha tutti i posti della rianimazione Covid occupati. Siamo rimasti con l'organico degli otto posti letto e attualmente ne abbiamo attivi 12. Occupati 9, ma pronti ad accogliere i nuovi pazienti Covid perché Trento è pieno e quindi i nuovi verranno da noi».
E nei prossimi giorni non migliorerà la situazione?
«Ora dobbiamo capire come andrà, perché cerchiamo di mettere a disposizione dei pazienti Covid i posti strettamente necessari per dare la possibilità anche agli altri di essere curati. E nei limiti del possibile di fare attività chirurgica. In questo momento però è molto difficile».
La mancanza di personale aggrava questo quadro?
«Il personale è ridotto ai minimi termini tra sospensioni e licenziamenti. Noi abbiamo dieci persone sospese su 120, considerando anestesia, rianimazione e blocco operatorio».
Non è facile gestire l'organizzazione in questo modo ma anche gli umori, immagino.
«É difficile per me gestire la situazione ma anche tra il personale: quelli che sono vaccinati e lavorano anche più del dovuto iniziano a lamentarsi degli altri che sono a casa. Certo, sono sospesi ma di fatto lasciano più lavoro agli altri».
Chi occupa i vostri letti ora tra i pazienti Covid?
«Tra i ricoverati in terapia intensiva per Covid l'80% sono non vaccinati. Gli altri sono sì vaccinati, ma con patologie preesistenti. Molti sono parenti più anziani di no vax».
Cos'è cambiato a distanza di un anno?
«Quello che abbiamo capito è che questo virus è un opportunista: va dove trova un sistema immunitario debole, compromesso. É fondamentale per tutti la vaccinazione, quelli che hanno già malattie preesistenti purtroppo non li preserva da eventuali ricoveri. Mentre non abbiamo mai visto qui pazienti vaccinati che non avevano questi problemi. Cosa che prima delle vaccinazioni accadeva: c'erano anche ventenni ricoverarti. L'efficacia è chiara».
Vi aspettavate questa nuova ondata?
«Ci aspettavamo un'ondata ora, ma non con questi numeri. La percentuale di non vaccinati è ancora alta: un conto è dire che il 90% dei vaccinabili ha fatto il vaccino. Ma fino a poco tempo fa erano esclusi i ragazzi fino a 11 anni e tutte le persone che per altri motivi non potevano fare il vaccino. Sulla percentuale globale della popolazione siamo sotto il 75% di persone vaccinate. É un dato ancora troppo basso, ne sono stati convinti pochi. Le vaccinazioni ai bambini sono appena cominciate e qualche resistenza c'è, ma ormai abbiamo milioni di vaccinati e l'incertezza legata ai possibili effetti collaterali si è ridotta. Dai dati si evince che sono ancora più lievi rispetto all'adulto. Li abbiamo sempre fatti i vaccini ai bambini».
Nutre una speranza per l'immediato futuro?
«Per come stanno andando i numeri in Europa io credo che nelle prossime settimane la situazione possa solo peggiorare. A meno che, questa è l'unica speranza, non scopriamo che questa variante Omicron è meno aggressiva. Ma grandi possibilità di invertire la rotta in questo momento in cui pagheremo anche lo scotto delle feste non ce ne sono».
Vuole fare un appello in questo scampolo di 2021?
«Dico solo che se ci impegniamo tutti adesso a non peggiorare la situazione con feste e ritrovi di fine anno, i risultati li vedremo con l'inizio del nuovo anno. Insomma, l'evolvere della situazione dipende anche da noi».

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