Siric, un affare da tre milioni di euro: il sito di via del Garda battuto all'asta

di Nicola Guarnieri

Curiosità ce n'è molta ma nomi non ne girano. Eppure l'ultimo tassello vuoto nel mosaico del viale dello shopping, via del Garda, è un boccone ghiotto e, sulla carta, ambito. I due ettari della Siric, all'asta dopo il fallimento, potrebbero ospitare una fabbrica o un centro commerciale. Potrebbe infatti interessare alla Mariani, che da tempo chiede di ampliare lo stabilimento attiguo, ma anche a punti vendita di un certo peso. In passato si parlava perfino di un avvicinamento di Leroy Merlin ma poi tutto è svanito.

Il sito dell'ex industria chimica di Fernando Zadra, tra l'altro, è a prezzo d'occasione: con 3 milioni 187.500 euro lo si porta a casa. Certo, ci si deve accollare l'ultima tranche della bonifica ma si tratta di 113 mila euro già calcolati sul prezzo base. Il 15 febbraio, insomma, si proverà ancora una volta a «tappare» il buco lasciato dall'abbandono della Siric. Il compendio, nelle precedenti aste, ha registrato un nulla di fatto ma più per paura di trovare «veleni» una volta acquistato che di interesse da parte di imprenditori.

Perché, come detto, aziende che vorrebbero insediarsi ce ne sono ma nessuna, ad oggi, ha messo fuori il naso preferendo aspettare il via libera definitivo di Comune e Provincia sul fronte bonifica. Il curatore fallimentare, però, ha bisogno di incassare per ristorare i creditori. E anche, perché no, per completare lo skyling di quel tratto di statale rivana passato negli anni da polo industriale a polo commerciale. Adesso ci si riprova. E si spera sia quella buona. Perché di visite esplorative nel sito ce ne sono state molte ma solo da parte di intermediari di agenzie immobiliari.

Che hanno lanciato un nuovo mestiere: non vendita di case ma consulenze tecniche relative ai concorsi fallimentari in modo da portare in dote al mandatario l'investimento d'occasione. Tornando alla Siric, la pulizia dell'area, di fatto, è terminata anche se mancano gli ultimi «spiccioli» per considerarla «sana». Spesa, si badi bene, che sarà a carico del compratore. Che dovrà pure accollarsi un altro milioncino di euro per demolire gli stabili fatiscenti e liberare i due ettari da arbusti ed erbacce che ormai dominano incontrastate. Il valore fissato dal banditore è di 4 milioni 250 mila euro (in realtà sarebbero quasi 6 ma, togliendo i costi di abbattimento e rimozione di immobili e vegetazione sono stati tolti dal gruzzolo richiesto) ma con 3 milioni 187.500 euro si può fare l'affare. Il compendio di via del Garda, per capirci, occupa 18.857 metri quadrati ed è composto da un edificio principale (i vecchi uffici e i laboratori), da un fabbricato ad uso lavorazione e deposito e altre strutture minori. È inoltre presente una cabina elettrica.

Attualmente, come detto, è coperto da vegetazione e le costruzioni versano in stato di degrado e abbandono, sono prive di copertura e inutilizzabili. Il perito, non a caso, evidenzia che qualsiasi utilizzo o riconversione richiederà la completa rimozione. C'è però la possibilità di trasformare quei due ettari che un tempo erano il vanto della chimica trentina in una serie di negozi al dettaglio piuttosto che all'ingrosso.

Ma, ovviamente, potrebbe restare industria magari utile a chi attende di ampliarsi. La spada di Damocle che, negli anni, ha mandato deserte le varie aste era quella della bonifica ambientale. Che ora è praticamente conclusa ad eccezione delle opere finali (inizialmente programmate per l'autunno-inverno 2019-2020) che saranno a carico dell'acquirente.

A pesare sul deserto di offerte, d'altro canto, è proprio la mancanza di un certificato di salubrità o per lo meno di un atto formale e ufficiale di avvenuta bonifica. Ma è una responsabilità che nessun funzionario pubblico vuole assumersi. Per non incappare, un domani, in «ritorsioni» giudiziarie. Chi vuole, quindi, compera a scatola chiusa confidando nel lavoro certosino delle imprese che hanno ripulito la Siric dalle scorie accumulate in decenni di produzione di resine. I lavori di bonifica, di quello che ormai rientra di diritto nel lungo elenco di ecomostri, sono durati un'eternità e il bubbone è costato alle casse pubbliche oltre 5 milioni di euro.

Che, almeno in parte, dovrebbero rientrare dalla vendita del sito industriale.

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