Rovereto, blitz finale al «castello dei fantasmi»

Sono iniziate le operazioni di demolizione all'ex macello comunale di San Giorgio

di Nicola Guarnieri

Li chiamano ecomostri e la Provincia ha deciso di eliminarli dalla carta geografica del Trentino. Rovereto, ovviamente, è un po' la patria di questi relitti industriali lasciati vuoti e fatiscenti a ricordare il tempo che fu, quello delle fabbriche, della produzione di massa, del lavoro. Tanta roba, tanti ricordi che se fossero fotografie si limiterebbero a ingiallire ma che, ahimè, si sono trasformati in castelli per fantasmi, rifugi di fortuna di disperati, senza tetto, ma pure balordi, criminali, figli di nessuno. Invisibili, insomma, di giorno in giro a tentar la sorte, il più delle volte tendendo una mano per strada altre rubando qua e là, e la notte nascosti in questi scheletri che un tempo erano fonte di reddito.

Ieri è arrivato l'ultimo giorno anche per l'ex macello comunale di San Giorgio. Sarà raso al suolo, sarà portato pezzo per pezzo in qualche discarica lasciando un terreno vuoto. E, chiaramente, non sarà più la tana di tanti diseredati. 
Prima di consegnare il sito alla Cooperativa Lagorai, che bonificherà l'area per conto di Provincia e Comune, la polizia locale ha dedicato la mattinata all'ennesima ispezione. E ha trovato e allontanato quattro uomini, rumeni, gli ultimi di una nutrita famiglia dell'Est Europa che ha piantato radici tra gli scarti industriali al di là della ferrovia da almeno dieci anni. Perché l'ex macello era ormai una cittadella di caseggiati pericolanti invasi da immondizia ed escrementi. Un enorme compendio eletto da disperati a propria dimora. Con letti di fortuna e pure cucine improvvisate, qualche straccio accanto a stoviglie che hanno avuto trascorsi migliori e cartoni di rosso e di bianco diventati routine. Questo mondo senza riflettori, questa dimensione parallela fatta di stenti, povertà ma anche illegalità è rimasto immutato troppo a lungo.

[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"1142681","attributes":{"alt":"","class":"media-image"}}]]

 

Adesso tocca alle ruspe cancellarlo, rimuoverlo dal panorama della città e da un rione che ha vissuto per anni diviso tra incubi e pietà. Perché passarci accanto mescola quell'agro sapore di clemenza per poveri abbandonati dall'umanità e di paura per quello che potrebbe accadere. Come è successo a due studentesse del Don Milani qualche mese fa, accerchiate da un manipolo di «residenti» del macello e in balia di un'ansia che solo a nominarla è una bestemmia. Camminare tra le mura del compendio, d'altro canto, è un tuffo nella miseria più nera. Tra la sporcizia e il fetore, i segnali della presenza che si immagina umana sono palesi: piatti con avanzi di improbabili cene e vestiti impiccati a corde che lottano con la muffa per asciugarsi. E giocattoli, anche. Almeno in quell'angolo dove vivevano mendicanti, lontani dai criminali ma senza nemmeno una speranza.

La parentesi dei fantasmi, dunque, si è chiusa per sempre, almeno in quest'angolo di San Giorgio. Un po' come quando si va dal dentista: via il dente, via il dolore. In quell'area, d'altro canto, avrebbe dovuto sorgere l'istituto Depero ma non si farà più lì. Rimarrà dunque un piazzale vuoto. 

E il macello comunale? Questa è un'altra storia. Chiuso da anni il rudere che da oggi sarà azzerato, avrebbe dovuto sorgere a Mori Stazione. Roba vecchia, datata inizio anni Novanta, con Comune e Provincia che avevano già visto il futuro polo trentino della macellazione divenuto invece un dorato monumento agli sprechi. Perché dopo i primi 5 miliardi di lire investiti, tutto si fermò a ridosso del cambio di millennio. Serviva un altro miliardino del vecchio conio e nessuno voleva scucirlo. Non solo, palazzo Pretorio capì di botto che mantenere il macello sarebbe stato un costo eccessivo. E non venne preso in considerazione il suggerimento dei macellai della città di ristrutturare il macello di San Giorgio, quello diventato rifugio per invisibili e che a breve sarà invisibile pure lui.

comments powered by Disqus