Non è Natale in città senza «l'uomo del vischio»

A Rovereto Sergio Baroni porta avanti la tradizione di famiglia

di Tommaso Gasperotti

«Ciao Sergio, bentornato», esclama un ragazzo lungo via Stoppani. Da 49 anni Sergio Baroni, «l’uomo del vischio», non si perde un Natale. La sua presenza, all’angolo tra corso Rosmini e via Stoppani, è benaugurante. Come lo sono le sue piante, agrifoglio, pungitopo e vischio, che coltiva direttamente nel suo vivaio di Lizzanella.

«È una tradizione di famiglia avviata dopo la seconda guerra mondiale da mio padre Remo e dallo zio Aldo. Io li seguivo: prendevamo la corriera dalla stazione di Rovereto fino a Besenello e da lì su a piedi fino in Scanuppia per raccogliere il vischio che cresceva sui pini silvestri - spiega Baroni, 67 anni -. L’agrifoglio, invece, lo trovavamo nella zona di Passo Buole, sui Lessini».

Un’impresa quasi epica che negli anni Settanta rischiò di finire: la forestale, infatti, vietò la raccolta di agrifoglio selvatico. «La tradizione doveva continuare», racconta orgoglioso il signor Baroni, uno dei pochi esperti in grado di coltivare il vischio. E così, dopo aver ripulito il terreno sopra casa sua dal bosco, Sergio ha realizzato uno speciale vivaio di 3000 metri quadrati.

La campagna si trova nei pressi della sua abitazione, poco sotto l’Ossario di Rovereto, mentre un altro appezzamento, seppur più piccolo (2000 metri quadrati), lo ha ricavato a Lizzana. Lì, grazie ai segreti ereditati dal padre, coltiva le piante che poi vende in città. Prima, quand’era ancora un ragazzino, in piazza Loreto, poi all’angolo di corso Rosmini con via Stoppani. Sulla sua bancarella, denominata «Mercatino del vischio», sono esposti ramoscelli di agrifoglio e pungitopo, mentre il vischio è appeso al muro con un fiocco rosso per non rovinare le bacche color madreperla. Ogni anno gli affezionati clienti non mancano di portare a casa una pianticella natalizia. E da qualche tempo sono spuntati pure i turisti, richiamati dal boom dei mercatini.

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«Per piantare il vischio si parte dalla bacca matura asportata da un cespo cresciuto naturalmente su una pianta di bosco, generalmente pino silvestre, e la si innesta sulla corteccia di un’altra specie arborea - narra Baroni -. Sono riuscito a coltivare il vischio, che è una pianta parassita che non muore mai, su decine di alberi diversi (pero, pesco, sorbo, biancospino e molti altri). Ogni pianta ha le sue caratteristiche: sul tiglio, ad esempio, il vischio impiega dieci anni a crescere e può far nascere anche 30 cespi, nel pruno invece la crescita è molto rapida».
In mezzo secolo Baroni ha imparato a conoscerne ogni segreto, ma la voglia di sperimentare è ancora tanta: «Sto tentando di piantare il vischio sull’agrifoglio per ottenere due piante benauguranti su un’unica matrice», svela. «Per ottenere un cespo ben sviluppato ci vogliono anche 5 anni. Dipende dalle annate, quest’anno è stato molto caldo e il vischio ha sofferto. Per venderlo deve avere un bel colore verde, tante bacche e foglie piccole».

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