Gioielli rubati e venduti coppietta condannata

Forse non erano davvero criminali, forse si tratta solo di due disperati che hanno cercato di barcamenarsi come potevano, scegliendo metodi poco leciti. Certo è che la batosta arrivata ieri in tribunale deve averli tramortiti. Una coppia di meridionali all'epoca dei fatti residenti in città è stata condannata per un reato di quelli seri: riciclaggio.

Secondo l'accusa avrebbero recuperato monili d'oro rubati nelle abitazioni roveretane e li avrebbero rivenduti ai vari negozi che acquistano metalli preziosi. Risultato: lei se l'è cavata con due anni e con la condizionale in abbreviato, lui rischia la cella, perché la condanna è di due anni e sei mesi. E non è ancora finita: in udienza preliminare c'erano anche altre due persone, coinvolte nell'operazione.

Rinviate a giudizio, saranno processate nei prossimi mesi, con la medesima accusa.
I fatti risalgono a qualche tempo fa. Le forze dell'ordine erano impegnate in un'indagine di altro genere, quando si sono imbattuti nella coppietta. Qualcosa non quadrava, li hanno seguiti, hanno verificato come arrotondavano le entrate per aumentare gli introiti, e hanno agito. Il sospetto era che fossero loro l'ultimo anello dell catena di furti negli appartamenti roveretani. La coppia non è mai stata sospettata di furto. Il loro ruolo sarebbe stato diverso, ma altrettanto indispensabile. Loro ricevevano - secondo l'accusa - monili spariti nelle case svaligiate e li trasformavano in moneta sonante, attraverso la vendita nei negozi che acquistano oro.

Quando le forze dell'ordine si sono messe in movimento, ad inguaiare la coppia è stata una leggerezza non esattamente da professionisti del crimine. In loro possesso avevano infatti, tra le altre cose, una fede matrimoniale. Peccato che i nomi incisi non corrispondessero ai loro, e neppure la data delle nozze non avesse nulla a che fare con il loro anniversario. È bastato un controllo veloce tra le denunce di furto per capire che quella roba non apparteneva loro.

E qui sono iniziati i problemi veri. Perché la procura ci è andata giù pesante: l'accusa non è stata formulata infatti per ricettazione, ma per riciclaggio, reato ben più grave. Perché - questa la tesi del pm - alcuni monili sono stati rotti nel tentativo di occultarne la provenienza. Ed è il tentativo di occultamento che fa la differenza tra la ricettazione e il riciclaggio.

Dal canto suo la difesa ha provato ieri a sostenere che prove in questo senso non ce ne sarebbero. Né del riciclaggio né tantomeno della ricettazione. Ma al termine del processo con rito abbreviato il giudice Monica Izzo ha ritenuto sufficienti gli elementi portati dall'accusa. Da qui la condanna.

Durante l'indagine, come detto, altre due persone sono state messe nel mirino della procura. Ed anche per loro è stata chiesto il processo, ma loro ieri mattina hanno preferito giocarsi tutto in un processo pubblico. Rinviati a giudizio, compariranno davanti al giudice nei prossimi mesi.

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