Rovereto piange il dottor Antonio Lepore

Il dottor Antonio Lepore è morto ieri pomeriggio nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale Santa Chiara di Trento, dove era stato elitrasportato d'urgenza a seguito di un malore che lo ha colto, in mattinata, nella sua casa roveretana di via Donizetti. Inutili gli immediati soccorsi (che hanno allarmato gran parte del quartiere), allertati dai familiari con lui in casa

Il dottor Antonio Lepore è morto ieri pomeriggio nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale Santa Chiara di Trento, dove era stato elitrasportato d'urgenza a seguito di un malore che lo ha colto, in mattinata, nella sua casa roveretana di via Donizetti. Inutili gli immediati soccorsi (che hanno allarmato gran parte del quartiere), allertati dai familiari con lui in casa. Lepore ha lottato contro il malore cardiaco, poi esteso a gravissime complicanze polmonari, per qualche ora. Una tragedia che ha sconvolto i parenti e i numerosissimi amici che Antonio «Tonino» Lepore aveva in città. Tanto per la velocità degli eventi, quanto per il fatto che nulla nella recente storia sanitaria di Lepore poteva far pensare a qualcosa di simile.
Per 25 anni in servizio al Santa Maria del Carmine, Lepore aveva concluso la sua esperienza nell'ospedale roveretano nel 2003, lasciano il ruolo di viceprimario. Internista stimato, aveva poi continuato a lavorare nella sanità come direttore sanitario al  Apsp Opera Romani di Nomi. Da poco più di un anno era in pensione.
Pugliese di nascita, di San Severo di Foggia, dove era nato il tre novembre del 1946, roveretano di adozione. In Trentino era salito, dopo la laurea in medicina, per stare vicino alla futura moglie Gabriella, originaria di Pergine. Così è arrivato a Rovereto, senza andarsene mai più. Nella Città della Quercia ha saputo farsi apprezzare, oltre che per le qualità professionali, per le qualità umane. Simpaticissimo, disponibile, sempre presente e generoso. Queste le parole, ben al di là delle formule di circostanza, con cui numerosi roveretani hanno descritto ieri l'amico scomparso. Alternando allo shock per la perdita improvvisa, testimonianze di stima e nostalgia.
Perché oltre la famiglia, la moglie Gabriella e i figli Stefano, Federico e Paolo, Lepore era circondato dall'affetto di moltissimi amici, «vecchi» e nuovi. «Vecchi» come il comandante della Polizia Locale Marco D'Arcangelo, l'assessore ai Lavori Pubblici Leone Manfredi, Italo Capobianco, Paolo Zuccati (elenco limitatissimo) e «nuovi» come il capitano dei Carabinieri di Rovereto Gianluca Galiotta, che pur in poco tempo di frequentazione ha allacciato con il dottor Lepore un rapporto di forte stima.
Membro del gruppo alpini di Quadri, in Abruzzo, dove non mancava una adunata, amante della buona cucina e del prosecco, protagonista di un'aneddotica «senza pari». Una persona capace di accomunare un'umanità spiccata e senso di solidarietà sincera e senza freni ad una vena goliardica trascinante. Era anche conosciutissimo nel quartiere, dove per tanti, anche per le competenze mediche, era stato per anni punto di riferimento. Il vuoto lasciato dal dottor Lepore non sarà - hanno ripetuto più volte le decine di persone che hanno voluto testimoniare all'Adige la loro vicinanza alla famiglia - colmabile.
Non fissata ancora la data dei funerali. Si attende prima di sapere la data di arrivo del figlio Stefano, da tempo residente per lavoro in Sudafrica.

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