Rovereto, prostitute sempre più «casalinghe»

Transitando lungo la Statale che attraversa la città, di sera, di «lucciole» ormai non se ne vedono più. Eppure fino ad un paio d'anni fa erano solite mettersi in vetrina a bordo strada dalla zona industriale fino al rione più a nord. Arrivavano nel tardo pomeriggio in treno, di solito da Verona, ed erano per lo più ragazze nigeriane. Ora è difficile incontrarle, ma ciò non significa che il fenomeno non esista più. Men che meno che non abbia più un mercato, perché i clienti ci sono. Ma sono diventati più «riservati» e, di conseguenza, anche le prostitute si sono adeguate ai tempi ed alle nuove tecnologie

di Luisa Pizzini

Transitando lungo la Statale che attraversa la città, di sera, di «lucciole» ormai non se ne vedono più. Eppure fino ad un paio d'anni fa erano solite mettersi in vetrina a bordo strada dalla zona industriale fino al rione più a nord. Arrivavano nel tardo pomeriggio in treno, di solito da Verona, ed erano per lo più ragazze nigeriane.
Ora è difficile incontrarle, ma ciò non significa che il fenomeno non esista più. Men che meno che non abbia più un mercato, perché i clienti ci sono. Ma sono diventati più «riservati» e, di conseguenza, anche le prostitute si sono adeguate ai tempi ed alle nuove tecnologie. Non sono più le ragazze dalla pelle scura spesso costrette a prostituirsi, ma sono giovani ucraine, intraprendenti spagnole o francesi che scelgono di arrotondare lo stipendio con quest'attività. Ci sono perfino alcune casalinghe italiane, madri di famiglia che per qualche settimane si trasferiscono e si trasformano. «Perché di questi soldi abbiamo bisogno, c'è crisi», confessano. Salvo poi scoprire che non sono nuove del mestiere.
Lo scenario, invisibile agli occhi dei più rispetto a quando il lavoro veniva esercitato in strada, è vasto. Anche in città e nel resto della Vallagarina, infatti, sono è in crescita il fenomeno delle donne che si prostituiscono in casa. La «mappa del sesso a pagamento» la sta ricostruendo la polizia: il vicequestore Leo Sciamanna, a capo del commissariato roveretano, ha iniziato ad occuparsene poco dopo il suo arrivo, oltre un anno fa, e pian piano sta inquadrando il fenomeno. Lo sta facendo con la volontà di controllarlo, ma anche di tutelare quelle stesse donne. Se non esistono gli estremi per parlare di favoreggiamento o di sfruttamento infatti, la prostituzione non è un'attività illegale ma di certo è un'attività a rischio.
Per questo negli ultimi mesi gli agenti di polizia hanno bussato alle porte di queste moderne lucciole. Le hanno identificate, hanno parlato con loro, hanno cercato di capire cosa le ha spinte a vendere il proprio corpo ma soprattutto hanno cercato di far capire loro i pericoli che corrono.
Arrivare a loro non è stato difficile: basta inserire due parole chiave sui più comuni motori di ricerca in internet per trovarsi di fronte ad una miriade di annunci. Dietro quegli inviti maliziosi ci sono donne di diverse nazionalità e di età che spaziano dai venti ai cinquant'anni. Le più giovani erano due ragazze ucraine: condividevano lo stesso appartamento in città ed è in quelle stanze che attendevano i loro clienti. Rovereto è stata scelta come «sede» di lavoro anche da una cinquantenne spagnola che ha scelto la prostituzione per migliorare la sua situazione finanziaria. In patria gestisce un negozio che però non va troppo bene ultimamente. Anche una donna francese poco più che quarantenne un lavoro ce l'ha, il sesso a pagamento però evidentemente lo considera più remunerativo. Qui in città di solito affittano l'appatamento per un paio di settimane o poco più, poi tornano a casa e magari tornano in Vallagarina più volte all'anno.
C'è poi chi ha avviato un'attività più «stabile»: è il caso, ad esempio, di due donne originarie di Santo Domingo ma con permesso di soggiorno spagnolo. Loro la casa a Rovereto l'hanno affittata ormai da diversi anni e quel che la polizia sta cercando di capire è se abbiano costretto anche altre donne ad esercitare. In quel caso ci sarebbe l'estremo del reato.
Non manca la rappresentanza italiane in questo panorama: in commissariato sono state ascoltate infatti anche due madri di famiglia che vivono abitualmente a Padova. Inizialmente avevano negato di essere delle prostitute, ma dai loro telefoni (ne sono stati trovati addirittura sette in un caso) è stato facile trovare le prove di un'intensa attività. Così hanno ammesso gli incontri: «Di quei soldi abbiamo bisogno», hanno detto.

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