Violenza / Tribunale

Allenatore a processo per molestie: due baci all'atleta minorenne, rischia fino a 16 anni di carcere

I fatti nel 2021 alla piscina di Riva: la ragazza ha subìto un trauma e si è rivolta agli psicologi della Comunità di Valle. Che hanno fatto partire l’esposto alla Procura della Repubblica

CONDANNA Atleta diciottenne palpeggiata dall’allenatore 

RIVA. È finito a processo per violenza sessuale per due baci rubati ad un'atleta al tempo minorenne. Poco importa la gravità del fatto perché, per la legge, le pene - in caso di condanna - sono comunque pesanti: si parla di 16 anni di carcere.

Sul banco degli imputati un allenatore di una società sportiva che presta servizio alla piscina del rione 2 Giugno. Per l'accusa, in due occasioni - parliamo di aprile 2021 - avrebbe baciato e messo le mani addosso (senza violenza ma solo per trattenerla e condividere un trasporto non ricambiato) ad una ragazza. Che il trauma subito se lo porta ancora dietro.

Quegli episodi, tra l'altro, hanno coinvolto la famiglia con tanto di confidenze e pianti a dirotto per una situazione che mai si sarebbe immaginata.

A portare il caso in tribunale, però, non è stata la vittima della violenza ma il consultorio a cui si era rivolta per cercare conforto.

La storia è brutta, se confermata, e riporta in auge i rapporti tra educatori e giovani in ambito sportivo. Con il rischio che alcuni atteggiamenti eccessivi si trasformino in reati sessuali (basta un bacio dato senza consenso per configurare la violenza). Stavolta a processo è finito un allenatore poco più che cinquantenne (sposato e con figli) che, come detto, tre anni fa dopo aver riempito di complimenti una sua atleta per il fisico la avrebbe baciata sulla bocca. Baci tutt'altro che graditi, ovviamente, e in grado di destabilizzare la psiche della giovane vittima. Che ne ha parlato con il fratello maggiore (con il quale ha un rapporto di vera amicizia) e poi, su sollecitazione del parente, ma pure delle psicologhe del consultorio, anche con i genitori.

Alla fine, a fare scattare il procedimento giudiziario sfociato ora in un processo sono stati proprio gli psicologi della Comunità Alto Garda e Ledro che hanno segnalato la questione alla procura della Repubblica di Rovereto. L'indagine ha raccolto testimonianze di amiche e, soprattutto, i messaggi via WhatsApp inviati dall'uomo alla ragazza.

Ed ecco il capo d'imputazione che, codice penale alla mano, se confermato è davvero pesante. Anche perché, come hanno raccontato in aula la parte offesa e il fratello, quei due episodi di intimità rubata e violata hanno creato un reale disagio. «Mia sorella mi ha confidato quanto accaduto ed era estremamente scossa - ha riferito in tribunale il fratello maggiore -. Continuava a piangere e alla fine si è deciso di rivolgersi agli psicologi del consultorio prima di parlare con i nostri genitori. Quell'uomo non vogliamo più vederlo, ci crea enorme disagio».

Una vita cambiata confermata anche da un episodio casuale. Ad un concerto in cui suonava la band di un'amica della vittima, c'era anche l'allenatore con moglie e figli, uno dei quali strumentista del gruppo in cartellone. Il solo vederlo ha causato ansia alla ragazza e il fratello, non a caso, si è avvicinato all'uomo e l'ha invitato ad andarsene.

Il processo riprenderà e si concluderà il 15 marzo, con una decina di testimoni della parte civile.

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