Lavoro / Tensioni

Aquafil, il cartello della discordia che vieta la pausa caffè in compagnia

L’avviso, apparso in bacheca il primo marzo, è stato tolto dopo il malcontento generato in operai e operaie. Il sindacato Cub: «Un clima esasperante». L’azienda di Arco invece nega: «affisso da qualche buontempone, non da noi»

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ARCO. Un cartello apparso in bacheca all'Aquafil, fabbrica tessile di Arco, ha fatto esplodere tra operai e operaie un malcontento che cova da tempo. «Su ordine ing. Dalponte - si leggeva sul cartello poi rimosso - per motivi di sicurezza, da oggi è vietato andare a bere il caffè alle macchinette più di una persona alla volta».

L'azienda nega ogni responsabilità: «Abbiamo fatto le nostre verifiche - ha detto la direttrice del personale - il cartello non è stato esposto dall'ingegnere Dalponte; è stato qualche buontempone a noi ben noto: ha affisso il cartello per poi strumentalizzare e generare scompiglio».

Secondo Andrea Zucchelli invece, della Rappresentanza sindacale unitaria e del sindacato di base Cub, «il cartello è stato affisso da due tecnologi in una bacheca alla quale gli operai non hanno accesso perché chiusa a chiave. Solo i capi possono aprirla. Il motivo è che vogliono snervarci e non vogliono farci ritrovare a parlare tra di noi».

In ogni caso, all'interno della fabbrica, che fa capo al gruppo guidato da Giulio Bonazzi, l'aria non deve essere molto respirabile. «Da quando tre anni fa hanno deciso di "riorganizzare" l'azienda - ha spiegato Zucchelli - i due capireparto di filatura e polimerizzazione sono stati sostituiti ed è arrivata una persona da Savona che ha instaurato un clima pessimo: carichi di lavoro eccessivi, accanimenti fuori luogo, una serie di procedimenti disciplinari per banalità, è stata tolta pure la possibilità di sederci ogni tanto durante il pesante turno di lavoro, ora poi occorre anche chiedere il permesso per andare in bagno...».

«Il motivo è che, secondo noi, vogliono demoralizzare chi ha il contratto a tempo indeterminato in modo che si licenzi volontariamente e sostituire i dipendenti fissi con gli interinali. Gli interinali li lasci a casa a fine contratto e sono più ricattabili. L'obiettivo dell'azienda è pienamente riuscito visto che in 3 anni quasi 80 dipendenti si sono licenziati volontariamente perché ormai lavorare in questa atmosfera è diventato insostenibile».

Il gruppo Aquafil, quotato in borsa, impiega complessivamente più di 2.800 addetti, di cui più di 500 ad Arco, in 19 impianti in nove nazioni di quattro continenti; il volume d'affari 2021 è stato pari a 570 milioni di euro. Zucchelli poi ha aggiunto: «Gli ultimi due operai se ne sono andati la settimana scorsa. Mi meraviglio che un'azienda come Aquafil, quotata in borsa, certificata SA8000, si presti a questi giochetti e tenga un comportamento tanto vergognoso; che si abbassi a certi livelli mentre potrebbe comportarsi con maggiore dignità e rispetto verso i propri dipendenti con decorosi incentivi all'esodo».

Sara Campedelli, direttrice del personale, è di tutt'altra visione: «Il cartello non è stato appeso dalla direzione. Sul fatto poi delle dimissioni volontarie, nel 2023 non ce ne sono state; nel 2022 era un fenomeno generale che è stato riportato da tutti i giornali nazionali, quindi nego che ci siano state dimissioni di massa; solo qualche licenziamento in più; e bisogna tenere conto che ci sono stati anche pensionamenti e trasferimenti».

Alla richiesta di sapere quale sia il numero dei lavoratori esternalizzati anno per anno negli ultimi anni Campedelli ha risposto: «I lavoratori somministrati sono inferiori agli anni precedenti e non sono numeri rilevanti; in ogni caso non sono in ufficio e non ho i dati esatti in mano».

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