La bimba nella fontana: la polizia locale respinge le accuse di «prevaricazione»

Sei minuti di video registrato dalla telecamera di sicurezza di piazza Garibaldi, che riprendono l’episodio avvenuto il 4 settembre scorso alla fontana della Sirenetta e che ha portato la Polizia locale a denunciare un uomo noneso per «false dichiarazioni sull’identità» e quest’ultimo ad accusare l’agente intervenuto di aver compiuto «un vero sopruso», di aver «usato toni ostili» e «modi esagerati», come ha poi messo nero su bianco in una lettera inviata al sindaco Mosaner.

Il tutto perché la figlioletta di 4 anni «ha chiesto di immergere i piedi in acqua» ma sarebbe stata raggiunta e spaventata pochi istanti dopo dall’agente intervenuto, che la fa saltar fuori dalla fontana e correre in lacrime dal papà. L’episodio si complica ulteriormente quando il papà, a richiesta dell’agente, invece di identificarsi gli fornisce false generalità. Di qui la denuncia.

Lettera e ricostruzione hanno fatto trasalire gli uomini al comando della Polizia intercomunale per i quali «non vi è stata alcuna prevaricazione o sopruso, anzi».

Secondo il comando non si è trattato «di una bimba per pochi istanti» ma «di due bimbe per interi minuti in una fontana nella quale non si può entrare, anche per motivi di sicurezza legati alle parti metalliche, elettriche e al cloro». Inoltre - dicono - «la bimba non ha mai pianto e il padre si è allontanato quando è arrivata la pattuglia, per poi rivolgersi all’agente con un “ma tu che vuoi?”».

Ricostruzioni diverse di fronte alle quali abbiamo cercato di fare ordine visionando il filmato della videocamera di piazza Garibaldi. Nel video si vedono due bimbe, non una, che dalle 16.40 sono alla fontana. Sicuramente entrambe sono all’interno della vasca alle 16.41 e vi camminano per alcuni minuti girando attorno alla Sirenetta e ai getti metallici della fontana. I genitori osservano da alcuni metri, si avvicinano, si allontano. A un certo punto vanno a vedere alcune vetrine. Le bimbe salgono sul cordolo in marmo, rientrano nell’acqua. Alle 16.44 arriva la «Panda» della Polizia locale.

L’agente vede le due bimbe e senza scendere dall’auto chiede loro di uscire dalla fontana, lo fa in tre lingue diverse non sapendo se sono italiane o straniere. Le bimbe continuano a giocare nell’acqua.

L’agente le lascia perdere e inizia a cercare i genitori, fermando una mamma col passeggino che però non c’entra nulla. Solo a questo punto, una delle due bimbe esce dalla fontana e va dal papà, ora seduto ai margini dell’aiuola. L’agente gli si avvicina e si rivolge all’uomo, che sembra non rispondere. A questo punto nel video lo si vede alzarsi e incamminarsi verso via Maffei, con l’agente che lo segue a piedi chiedendogli di fermarsi e nel tentativo di identificarlo. I due escono dalla ripresa alle 16.46.
Nel verbale della successiva denuncia è riferito che l’uomo avrebbe prima fornito generalità false, declinando quelle vere solo quando informato dall’agente di essere registrato. Nel farlo ripeterebbe più volte all’agente la stessa frase: «Che brutto lavoro che fai...».

«Quel video non siamo ancora riusciti a vederlo - diceva ieri l’avvocato difensore del padre noneso - ed è stato inspiegabilmente inserito agli atti a termini, a mio modo di vedere, ormai scaduti».

Le immagini aiutano a capire i tempi e i modi dell’intervento dell’agente, apparentemente compatibili con il proprio ruolo, non ovviamente i toni usati dall’uno e dall’altro in tutto l’episodio.

Una vicenda che nella sua banalità riguarda temi molto delicati: il rispetto delle regole da un lato (compresa quella che riguarda la fontana e l’obbligo di fornire le generalità), le libertà individuali e il rapporto con il potere dall’altra.

Un confronto epocale che martedì, in aula, si arricchirà di un nuovo capitolo maturato accanto alla Sirenetta creata da Germano Alberti e tanto cara ai rivani.

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