Il sub trentino Valenti a scoprire il Britannic

Il relitto della nave da crociera si trova al largo dell'isola greca di Kea

di Chiara Turrini

Per i subacquei, scendere a visitare il relitto della nave da crociera Britannic equivale, per gli alpinisti, a scalare il monte Everest: la difficoltà è estrema nell'esplorare quel fondale, profondo 120 metri, dove giace da cento anni l'imbarcazione «sorella» del Titanic, affondata in 55 minuti da una mina sganciata da un U-Boot tedesco. Marco Valenti ce l'ha fatta, insieme a una squadra di 12 persone da nove nazioni partiti il 30 settembre alla volta dell'isola greca di Kea, al largo della quale si trova il relitto.

L'esperto sub trentino si è fatto conoscere negli anni per l'attività di formazione e vendita di attrezzature, diventando un punto di riferimento italiano e non solo per le immersioni tecniche. Per frequentare i suoi corsi arrivano da tutta Europa, è tra i migliori nel settore delle Re-Breathers, macchine speciali per immersioni che riciclano il respiro del sub, filtrando l'anidride carbonica e addizionando l'ossigeno che manca. Valenti non si limita a vendere le attrezzature, ma contribuisce alla loro ideazione. Di recente infatti ha collaborato con una università italiana per la creazione di un computer subacqueo per il calcolo della decompressione. Il posto preferito di Marco per tenere i corsi è il porto San Nicolò a Riva del Garda, ma il sub è solito girare il mondo per esplorare nuove acque.

Un'insolita professione, quella che si è scelto Valenti, nato a Mezzolombardo nel 1971, che si è avvicinato per caso al mondo delle immersioni. La prima volta, a Trento, da ragazzo, con il gruppo delle Rane Nere. Intanto si iscrive all'università, Scienze politiche, disciplina che poco ha a che fare con i fondali ma che gli fa fare carriera in diverse aziende e multinazionali. La passione però è troppo forte e il richiamo delle bombole persuade di più dello stipendio da direttore di stabilimento. Nel 1996 era diventato istruttore, nel 2009 mette in piedi il negozio online di attrezzature per immersioni, due anni fa l'apertura del punto vendita in via Ghiaie.

Nel frattempo fonda l'agenzia Scuba Training Development Academy, che prepara istruttori e sub specializzati, ma in futuro ci si aprirà all'attività ricreativa. Per divertimento ci si immerge al massimo fino a 40 metri, mentre il diving tecnico di Valenti ha toccato fondali a 130 metri sotto il pelo dell'acqua. Paura? «Come ogni sport - risponde Valenti - io sono molto pignolo in materia di sicurezza. Poi sono sposato e ho un bambino, diciamo che ci tengo a tornare a casa la sera». La missione in Grecia è solo l'ultima in ordine di tempo, e ora Valenti aggiunge al suo curriculum di avventure la spedizione alla Britannic, compiuta dopo tre anni di attesa per i permessi del Ministero greco.

«Un'emozione fortissima scendere e incontrare quel maestoso relitto, su cui avevo letto e studiato tanto. Ha una storia affascinante, ed è enorme» racconta Marco, che si è aggirato sul fondale con uno scooter subacqueo per percorrere tutti i 263 metri di lunghezza della Britannic, che fu trasformata in nave ospedale durante la Grande Guerra. Trenta minuti sul fondo in esplorazione e fino a quattro ore per la risalita con decompressione. «Siamo stati molto fortunati per le condizioni meteo e mare, che hanno permesso quattro immersioni. Tanti arrivano a Kea e non riescono nemmeno a scendere in acqua per le correnti fortissime di quel tratto di mare», spiega l'istruttore.

Ci vogliono anni per ottenere le competenze e l'esperienza necessarie a scendere sui fondali. «Servono pazienza, umiltà, ma non è uno sport pericoloso, - assicura Marco Valenti - basta fare le cose con la testa, una regola generale che vale un po' per tutto».

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