Da oggi è chiusa la sala parto di Arco. Sconforto in ostetricia: «I numeri c'erano»

di Chiara Turrini

Oggi l'ultima neomamma sarà dimessa, tornerà a casa con la piccola Anita. Finisce così la storia del reparto di ostetricia dell'ospedale di Arco: la sala parto sarà fisicamente smantellata, cesseranno le degenze ostetriche. Al terzo piano si respira un'aria di mesta rassegnazione, ma se in ostetricia c'è tristezza, al piano terra il pronto soccorso si dispera. 

«È un atto assurdo far gestire a noi le emergenze, se una donna arriva qui, non abbiamo strutture né competenze per intervenire. Possiamo solo sperare che l'elicottero atterri in tempo» denuncia il personale. Sono 35 i dipendenti di ostetricia e ginecologia ad Arco, tra medici, ostetriche, infermieri e ausiliari. Due ostetriche saranno trasferite a Rovereto, così come due ginecologi della struttura. Sarà comunque mantenuto il servizio di ginecologia, piccoli interventi compresi. I locali che finora sono stati stanze per le partorienti saranno in parte trasformati in ambulatori, in parte rimarranno a disposizione del centro per la procreazione medicalmente assistita, la Pma, che resta un'eccellenza e che, sembra, sarà potenziato. Ma sarà in ogni caso un ampliamento che lascia insoddisfatti: «Noi facciamo di tutto per far avere un bimbo alle coppie che vengono qui, poi però non potremo più seguirle fino alla sala parto» dicono i dipendenti. 

Le ostetriche verranno destinate al Percorso Nascite, un accompagnamento personalizzato e a distanza prima e dopo il parto. L'angoscia che si respirava nel reparto fino a qualche settimana fa si è trasformata in sconforto. C'è «rammarico per aver saputo le notizie dai giornali invece che dall'azienda», continuano aggiungendo la smentita ai dati negativi addotti dall'assessore provinciale alla salute Luca Zeni: «I nostri numeri sono in linea con quelli degli altri ospedali. La prova della qualità del lavoro svolto sta nel fatto che noi stesse dipendenti di questo reparto, infermiere, ostetriche, ginecologhe, siamo venute qui a partorire. Evidentemente ci fidiamo». Zeni aveva presentato numeri di casistica negativa, in particolare legati ai tagli cesarei. Da ostetricia spiegano che si tratta di cifre condizionate dal ridimensionamento del servizio. Con la sala parto aperta part-time - l'inizio della lenta agonia del reparto - le maternità fisiologiche spesso venivano dirottate altrove per evitare di trovarsi in travaglio dopo le 16, e quindi ad Arco restavano per forza i parti programmati. 

E adesso? Ora le donne in gravidanza partoriranno a Rovereto o a Trento. Per le emergenze c'è il pronto soccorso. Dove c'è «sconcerto» e si è cominciata una battaglia a colpi di lettere ai vertici per evitare una situazione che, dicono, è oltremodo rischiosa. Non regge l'obiezione che il parto è una cosa naturale e che da che mondo e mondo le donne hanno sempre partorito: la mortalità per madri e figli era pane quotidiano, e soprattutto non si avviavano cause milionarie in caso di sinistri. «Cosa diremo davanti al giudice se qualcosa andrà storto con una paziente che arriva in travaglio? Pagheremo noi per le scelte politiche di altri» dicono dal pronto soccorso. Il reparto ha ricevuto la circolare con il protocollo per le gravidanze solo un paio di giorni fa. Le pazienti ginecologiche, come in ogni ospedale, per qualsiasi evenienza sono sempre state spedite in ginecologia. 

Se una donna che sta per partorire arriva al pronto soccorso è "codice rosso", si chiama l'elicottero. Lo si può aspettare fino a 40 minuti, sperando che non arrivi prima il bimbo, e nel frattempo la gestante dovrebbe essere accolta in una sala apposita. Che non c'è: «Poniamo il caso che arrivi una partoriente e la sala per i codici rossi sia occupata da feriti per incidente. Cosa facciamo? E se l'elicottero non arriva? Nessuno qui è preparato per affrontare un caso simile».

La denuncia continua: «Ci manca anche il medico rianimatore, che non c'è nelle notti di sabato e domenica, e per tutto il giorno nei festivi. Ma se arriva un paziente in arresto cardiaco siamo pronti, se nasce un bambino no». Non solo di competenze professionali, il problema è anche igienico. La sala parto è un ambiente asettico, il pronto soccorso è un porto di mare, i pazienti hanno le patologie più varie: «Venire da noi è come partorire in casa». 
La Uil Sanità ha inviato una lettera all'azienda per chiedere di intervenire. Per ora, nessuna risposta.

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