Sat Arco: "Il rifugio Marchetti lo riapriamo noi"

di Chiara Turrini


L’assemblea della sezione Sat di Arco è prevista per questo sabato, alle 16, presso la sede in via Sant’Anna. Oltre alla nomina del direttivo, all’ordine del giorno c’è anche il tema del rifugio «Marchetti» sul monte Stivo.
In vista dell’appuntamento di inizio anno, Claudio Verza, attualmente membro del direttivo e da anni impegnato con l’associazione trentina, interviene in merito all’annosa vicenda.

«Negli ultimi giorni sulla stampa locale sono apparsi due articoli, a firma della Sat centrale, commissione rifugi, che danno l’apertura del rifugio entro la fine del 2016. Rifugio completamente ristrutturato per “dare alla struttura tutte quelle caratteristiche necessarie anche all’utilizzo invernale”, “il nostro auspicio è di poter iniziare i lavori a primavera, il che vuol dire arrivare a quella data con progetti ed appalto fatto”.

Le riflessioni e le domande che io, assieme a moltissimi soci della sezione vicini al rifugio, a questo punto ci siamo poste, nella totale incredulità, stupore e meraviglia per quanto viene affermato dalle pagine dei giornali, sorgono spontanee.
Se anche in cima al monte Stivo rinascesse un bellissimo rifugio costato 400 mila euro, ma non si fossero risolti i gravi e prioritari problemi di approvvigionamento? Non si potesse arrivare ad utilizzare la teleferica? Né a sistemare la strada ormai non più percorribile?

Da quanto si legge, di tutto ciò non se ne parla nonostante la teleferica nuova fosse stata la convinzione primaria di Sat centrale ancora nel 2013 e confermata più volte. Come non si crede che le cose possano essere gestite in maniera indipendente ma abbiano una ben logica e chiara sequenza di esecuzione». Verza prosegue: «Chi vorrebbe gestire un rifugio, anche se nuovo e dotato delle tecnologie più moderne che, se non raggiungibile da una strada, non fosse servito da una teleferica che, a parte i due carichi con l’elicottero in primavera ed in autunno, gli permettesse un regolare e costante approvvigionamento? Introduciamo la figura dei “portatori“ e li stipendiamo ad un euro al giorno come accade in altre realtà montane, non certo in Italia? Introduciamo l’utilizzo dei muli aggravando, con il loro calpestio, il già precario stato dei sentieri per raggiungere il rifugio?».

La Sat si propone ufficialmente come ente gestore “volontario”, pronta a farsi carico del minimo indispensabile per garantire il funzionamento della struttura: «La stessa sezione, constatando la triste realtà del rifugio chiuso, ascoltando le moltissime voci di dissenso e sconcerto, volendo porre un rimedio seppur minimo e provvisorio, si è proposta per poter tener aperto il rifugio come punto di riparo dove trovare un the, un caffè e dove gli avventori potessero almeno scaldarsi o ripararsi, trovando evidentemente tra i soci, i volontari che a turno fossero presenti il fine settimana».

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