Ordigni Nato nel Garda: le bombe dimenticate

Nel 1999 i caccia della Nato sorvolarono centinaia di volte il lago di Garda decollando o atterrando dalla base bresciana di Ghedi. Tra i molti voli effettuati durante la campagna di bombardamenti nei Balcani uno ebbe un epicolo infelice. Un cacciabombardiere dell’Us Air Force, un F-15 «Eagle» (ancora oggi in dotazione alle forze armate americane), di ritorno dalla sua missione dovette sganciare tutti i carichi accessori prima di procedere con l’atterraggio sull’aeroporto bresciano. Prima lasciò cadere i serbatoio supplementari, ormai vuoti, sull’altopiano di Asiago, poi sganciò anche nove bombe nelle acque del Garda, sembra a largo di Toscolano Maderno.
Di quell’episodio si parlò molto in quei giorni, ma visto che le bombe non furono più ritrovate e che la Nato non ha mai rivelato la loro posizione esatta, la vicenda ha finito per scivolare piano piano nel dimenticatoio. Ogni tanto qualcuno se ne ricorda e la riporta all’attenzione soprattutto di chi vive attorno al Garda.
È successo oggi a Riva, con una mozione di un consigliere leghista (Francesco Bacchin) che chiede al sindaco Mosaner di fare fronte comune assieme agli altri comuni del Garda nei confronti del governo Renzi per ottenere il recupero e la messa in sicurezza di quelle bombe. Tra l’altro non si sa se erano ordigni convenzionali, bombe al fosforo, a frammentazione, a grappolo, se contenevano uranio impoverito o chissà cos’altro.
Finora Nato e Stati Uniti hanno fatto orecchie da mercante e ci vorrebbe senz’altro una importante mobilitazione istituzionale ma anche dell’opinione pubblica per ottenere qualcosa. E qui arriva la provocazione finale del consigliere leghista, le cui simpatie filo-russe sono note in quel di Riva: «Se la Nato e gli Usa non fanno nulla chiediamo alla Russia, hanno tutta la tecnologia necessaria per procedere al recupero».

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