«Su 21 euro di scontrino alla fine ne restano 1,62»

Biondo e la sua indagine sulla ristorazione tassata

di Claudio Chiarani

Tari, ossia la tassa sui rifiuti istituita dalla legge 147 del 27 dicembre 2013, sta mettendo in ginocchio esercenti e ristoratori ovunque in Italia. Ne abbiamo scritto proprio in questi giorni e i casi di esercizi in sofferenza sembrano aumentare di giorno in giorno. Otto i miliardi di euro d'esborso secondo uno studio di Federconsumatori per un aumento medio del 2,84% su base annua, ma del 20,65% negli ultimi quattro anni (2010-2014) calcolato per un appartamento di 100 metri quadri e nucleo familiare composto da tre persone. 

«Costi che sono insopportabili per la famiglia, ma costi che stanno causando un'emorragia senza fine nel nostro settore e non solo». Flavio Biondo, titolare del ristorante "Alfio" di Dro, uno studio "d'impatto" delle nuove aliquote fiscali sulle attività, non solo di ristorazione, lo ha fatto in proprio. E lo ha illustrato alle associazioni di categoria, perfino al consigliere provinciale del Movimento 5 Stelle Filippo Degasperi. Che nei giorni scorsi lo ha portato in consiglio provinciale. 

Sta di fatto, e la recente decisione della famiglia Negri di chiudere alla ristorazione pubblica il noto ristorante di famiglia "Da Gianni" dal prossimi gennaio (quindi dopo le festività) è solo la punta di un iceberg che, secondo Biondo rischia di far naufragare il "Titanic" Italia. «È semplice. Una famiglia ha una quota fissa calcolata in base ai metri quadri dell'appartamento occupato e una variabile calcolata in base ai componenti il nucleo familiare. I ristoranti no, hanno una fissa del 50% e una variabile del 50%, e mi chiedo il perché. Ad esempio nel Comune di Arco si pagano 17,34 euro a metro quadro - osserva stizzito - mentre i supermercati che gettano via rifiuti in quantità decisamente superiore a noi sono fermi a una più bassa 6,97. Perché?».

 

Le tariffe variano da comune a comune, ha verificato altrove? 

«Certo, le porto quelle di Pavia, Verona, Messina. Dove si evince che, rispetto a Riva, Arco, Dro o Nago-Torbole sono decisamente più equilibrate. Faccio un esempio semplice su una ricevuta fiscale emessa a fronte di due pasti consumati per un totale di 21,60 euro. Dedotta Iva (pari al 10%), materia prima utilizzata (30%), retribuzioni ( 35%), utenze, servizi e tasse (altro 20%) secondo gli studi di settore rimane un utile lordo di due euro e 95 centesimi. Pagate le tasse pari al 45%, il carico fiscale attuale, vede quanto rimane a noi? Un euro e 62 centesimi contro i tre euro e 29 che finiscono allo Stato, dove la sola TARI pesa e molto. Vi sembra equilibrato?  Si è costretti a chiudere bottega, e sarà sempre peggio se la politica non ci aiuta. Le nostre associazioni latitano, ci sentiamo rispondere a monosillabi: mah, forse, vediamo. Ci siamo stancati in tanti». 

Ma siete pur sempre tanti, vi dovranno ascoltare.

«Ci stiamo organizzando, anzi. Siamo già organizzati, ma senza la politica siamo morti. E quando tutti avremo chiuso, ma non solo la nostra categoria ripeto, perché tutte le attività commerciali sono a rischio con questo carico fiscale allora, forse, chi deve capire capirà».

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