Renzo Anderle, domani l'addio al "padre" della nuova Pergine

Le esequie domani alle 14.30 nella chiesa parrocchiale

di Giorgia Cardini

La sua forza era la sua pacatezza: e così molti ricorderanno Renzo Anderle, l’ex sindaco di Pergine ed ex consigliere provinciale, morto venerdì sera a 70 anni per un male che in pochi mesi se l’è portato via. Anderle era un uomo pacato, disponibile, attento al dialogo ma anche deciso e caparbio, pronto a battersi - sia pure a bassa voce - in tutte le sedi con la forza delle argomentazioni e la competenza del tecnico, nel totale rispetto dei ruoli. 
 
Nato a Pergine nel 1947, dopo la maturità e il servizio militare, si era laureato in Geologia all’Università di Padova. Entrato in Provincia, dal 1980 al 1995 aveva diretto il settore energia, mentre dal 1995 al 2000 era stato alla direzione del progetto speciale riguardante la gestione del ciclo integrale dell’acqua. 
Proprio tra il 1980 e il 1995, da tecnico ed esperto, era stato chiamato a guidare l’Azienda municipalizzata di Pergine (l’Amea), attiva sul fronte della produzione e distribuzione di energia elettrica, acqua e gas. Un ruolo che l’avrebbero portato, nel 1995, a diventare il candidato sindaco del Patt e del Ppi: forte del 42,25% preso coi due partiti di centro, Anderle andò al ballottaggio con Cesare Facchini (Verdi e Insieme a sinistra), vincendo col 61,56%. 
Un successo che seppe rafforzare nel 2000 con l’elezione al primo turno al 59,87% portando con sé anche il suo ex avversario Facchini (candidato per i Ds - l’Ulivo), i socialisti dello Sdi, i Verdi, le Genziane, oltre alla Margherita. E il primato nel 2005 divenne un tripudio di voti, il 73,20%, ancora con il centrosinistra. 
 
Ma quel risultato non era casuale, bensì il frutto del lavoro di dieci anni. Sotto le amministrazioni Anderle, infatti, Pergine ha conosciuto un periodo di crescita notevole, demografica, urbanistica, produttiva, commerciale e anche culturale: anni fervidi e ricchi, in cui attuare una visione di città capoluogo di vallata e comprensorio, un concetto di sviluppo multiforme che gli portò anche forti critiche, per gli squilibri e l’elevato consumo del territorio.
 
Ma fu Renzo Anderle, anche grazie al filo diretto con Lorenzo Dellai e la Provincia, a dare il via, a portare avanti o a favorire progetti come quello del nuovo ospedale Villa Rosa, del nuovo teatro comunale, dell’area produttiva dei Fosnoccheri, dell’incubatore di impresa «Bic», del palaghiaccio, della trasformazione graduale dell’ex ospedale psichiatrico, dei nuovi parchi urbani, a pensare a una pianificazione strategica che favorisse l’arrivo di industrie ad alto contenuto tecnologico al posto delle decotte manifatture, allo sviluppo della rete commerciale con i due centri del Ponte Regio (accusati però di aver svuotato il centro storico), a patti territoriali come occasione di crescita complessiva della vallata. 
Anderle, che si batté anche a lungo e invano per lo spostamento della statale 47 dalle sponde del lago di Caldonazzo, in quel tunnel sotto Tenna rimasto il suo sogno, e per l’interramento della ferrovia lungo viale Dante: in quella strada spostata, il sindaco vedeva un’altra occasione di grande sviluppo turistico; nei binari traslati la ricucitura di un tessuto urbano fratturato e nuove potenzialità. Sotto la sua terza amministrazione arrivarono anche il nuovo centro intermodale, l’idea dell’interscambio urbano e il servizio bus attivato nel 2008. 
 
Insomma, se Pergine è diventata «città» e oggi, con 22mila abitanti, punta a imporsi nella considerazione provinciale come un’interlocutrice pari a Rovereto, certamente lo è sulla scia di quella stagione amministrativa, che si chiuse nel 2008: l’apprezzamento di cui godeva Anderle anche come presidente del Consorzio dei Comuni (incarico che rivestiva dal 2004) lo portò infatti, a metà del terzo e ultimo mandato da sindaco, a scegliere di candidarsi alle elezioni provinciali con l’Upt, riconoscendosi nei valori ai quali si ispirava la nuova forza politica fondata da Lorenzo Dellai. Eletto in consiglio provinciale con 3.243 voti, non entrò in giunta anche se forse ci sperava, ma divenne comunque presidente della Prima commissione permanente del consiglio provinciale di Trento e componente della Prima commissione legislativa del consiglio regionale. E anche nei palazzi delle istituzioni autonome portò il suo metodo: lo studio, la proposta, il dialogo. 
 
In politica rimase fino alla fine del 2013: la famiglia, la moglie Roberta, i figli Enrico e Antonia ormai grandi, i nipotini e gli sport che amava di più (il tennis e le gite a cavallo) meritavano più tempo. E, sia pure non lasciando l’Upt, da allora in poi la sua è stata una presenza discreta. Fino alla fine.
 
 
Domani saranno sicuramente in tanti a salutarlo, alle 14.30, partendo dalla chiesa parrocchiale.

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