L'alfabeto illustrato dalle «ao» alle «zorle»

di Renzo Moser

C’era un aneddoto che, qualche anno fa, veniva raccontato ricordando le lezioni in una piccola scuola elementare di paese. Una di quelle scuole che oggi non ci sono più, ma che hanno ospitato generazioni di bambini. Siamo, per essere precisi, a Santa Caterina, frazione di Pergine Valsugana. La scena è questa: in aula la maestra sta insegnando l’alfabeto ai suoi scolari, abituati più al dialetto che a parlare «in lingua». E per ogni lettera dell’alfabeto chiede ai bambini, a turno, di leggere la parola corrispondente illustrata nel sussidiario. «A» come arco, «b» come bambino, «c» come cavallo, e così via. Fino alla «I» e all’irresistibile intervento di una bimba, che alza convinta la mano ed esclama orgogliosa: «I come lorèl» (peraltro imitata da un compagno con un altrettanto irresistibile «zeta» come prosac).

Eh sì, perché a quei bimbi l’immagine dell’imbuto evocava la parola «lorél», quella dello zaino la parola «prosac». Un alfabeto un po’ anarchico insomma.

L’aneddoto torna alla memoria scorrendo i bellissimi disegni che Giorgia Broseghini, illustratrice 29enne di Baselga di Piné ha dedicato proprio a un alfabeto. In questo caso, però, senza pericolo di confondersi, perché l’alfabeto è proprio in dialetto (pinaitro): dalla «A» di «ao» alla «Z» di «zorla». Con ogni parola accompagnata da una meravigliosa illustrazione, frutto di un grande talento grafico.

 

 

Giorgia, d’altra parte, non si improvvisa: ha frequentato il corso di Entertainment Design alla Nemo Academy of Digital Arts di Firenze, dopo aver conseguito una laurea triennale in filosofia, specializzandosi in illustrazione per l’infanzia. «Nell’ultimo anno - racconta lei stessa - ho lavorato anche alla realizzazione di sfondi per animazioni e game design oltre ad aver allestito una mostra con i miei lavori e illustrato per la Pigna una serie di quaderni che usciranno la prossima estate».
Non è un mercato facile, quello che deve affrontare Giorgia: «C’è molta concorrenza, gli illustratori sono tantissimi, e in Italia ne abbiamo di bravissimi».

Ma come è nata l’idea dell’alfabeto dialettale illustrato? Tutto nasce dalla necessità di costruire un «portfolio», una sorta di tesoretto di lavori che dovrà diventare la chiave per entrare nel mercato che per Giorgia più conta, quello dell’editoria. «Mi piacerebbe illustrare libri per bambini, e farlo con un mio stile, riconoscibile».

 

Dopo giorni e giorni di lavoro finalmente è fatta!!!Non pensavo mi avrebbe preso così tanto tempo. Ma ora sono molto...

Pubblicato da Giorgia Bros Illustration su Giovedì 18 febbraio 2016

Torniamo al progetto: «Era da molto che avevo intenzione di disegnare un alfabeto illustrato per bambini ma nessuna delle idee precedenti sembrava particolarmente innovativa, inoltre c’era la questione se farlo in italiano o in inglese. La soluzione di farlo in dialetto è arrivata molto tempo dopo totalmente inaspettata, come una fra le tante idee che nascono per poi sfiorire».

D’altra parte, Giorgia è perfettamente «bilingue»: «Io sono abituata a parlare sia italiano che dialetto in casa e nel periodo di studi trascorso a Firenze creavo ilarità negli amici non appena ricevevo una telefonata dalla madre patria per questo modo che avevo di passare da una lingua, quella italiana, a un’altra, il dialetto pinaitro. Ho scoperto negli anni che il dialetto, i dialetti e le varie parlate nazionali e internazionali sono uno degli argomenti più divertenti. Le differenze e somiglianze linguistiche, le origini delle parole, la loro storia mi hanno sempre affascinato ed è stato argomento di discussione e di confronto spesso e volentieri, specialmente nei momenti in cui mi trovavo lontano dal Trentino circondata da persone proveniente da tutta Italia».
E allora è arrivata naturale la domanda: perché non fare un alfabeto pinaitro? «Le parole sono buffe, spesso incomprensibili e molto diverse dall’italiano. Mi son chiesta se avrei trovato parole per ogni lettera e così ho cominciato a fare una lista di quelle che mi venivano in mente, chiedendo anche a papà, mamma, zii e zie e creando un sondaggio su facebook (scarseggiavo di parole con la E,la I, la Q e la V). La risposta è stata notevole e la curiosità anche, si chiedevano tutti che cosa avessi in mente. Più me ne venivano proposte più i miei schizzi aumentavano. Mi stavo divertendo molto e ho pensato che avrebbe potuto divertire anche gli altri. Più lettere disegnavo più mi immaginavo i miei disegni stampati su belle tesserine cartonate contenute in una scatola di latta o su libretti spessi, magari con accanto la versione da colorare. Così come credo sia fondamentale conoscere molto bene l’italiano, parlarlo e soprattutto scriverlo correttamente, credo sia importante anche mantenere le tradizioni e ricordare certi termini, specialmente quelli più antichi, quelli che usavano i nostri nonni e che rischiano di essere perduti per sempre».

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Perché non pensare, dunque, a questo alfabeto anche come a uno strumento didattico per le scuole o per i turisti? O semplicemente «un reminder per gli affezionati al dialetto, così come la notevole risposta ricevuta su facebook ha dimostrato? Si è creato un tavolo di confronto online in cui ognuno scrive la propria versione dialettale della parola in questione, senza che io lo chiedessi, ed è stato magnifico e ringrazio tutti!».

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