Dipendente si intasca 86mila euro La donna, vittima del gioco d'azzardo condannata dal giudice a risarcire

di Sergio Damiani

C’è l’ombra, pesante, della ludopatia - piaga sociale su cui lo Stato continua a guadagnare - dietro ai consistenti ammanchi lasciati da una ex dipendente di una società in house del Comune di Malè.

La donna, per anni considerata un’impiegata modello, tra il 2011 e il 2014 avrebbe scavato una mezza voragine nei conti della Sgs Malè srl appropriandosi in totale di 86.745 euro.

La vicenda, che raccontiamo in forma anonima perché tocca la sfera della salute, emerge da una sentenza della Corte dei conti che ha condannato l’ex dipendente a risarcire  alla società controllata dal Comune di Malè quanto indebitamente sottratto (cioè 86.745 euro più interessi) a cui si aggiungono 8.674 euro a titolo di risarcimento del danno d’immagine arrecato all’amministrazione comunale. Il procedimento giudiziario era partito sul terreno penale. A conclusione delle indagini, alla dipendente della Sgs Malè srl, che gestisce servizi pubblici per il Comune come la piscina e il cinema, vennero contestate le accuse di peculato (per il denaro sottratto) e falso ideologico  (per aver «aggiustato» la contabilità). In dettaglio, per il 2013 si contestava l’appropriazione di 25.536 euro, somma che l’ex impiegata avrebbe trasferito dal conto corrente societario al conto di un familiare (estraneo agli addebiti).

Tutto ciò giustificando contabilmente le operazioni tramite l’omessa annotazione di parte degli importi nelle scritture contabili ed in altra parte imputandole ad apparenti pagamenti di due fatture. Inoltre tra il 2011 e il  2014 si sarebbe intascata  parte degli incassi derivanti dalla vendita di biglietti di ingresso presso il cinema di Malè, gestito dalla Sgs, per complessivi 25.536 euro. Infine negli anni 2012 e 2013 la donna si sarebbe appropriata di parte degli incassi dei biglietti di ingresso presso le strutture gestite da Sgs Malè per 54.128 euro con contemporanea annotazione nelle scritture contabili della società di apparenti pagamenti di fatture, in realtà mai effettuati. I fatti contestati sono stati nella sostanza ammessi dall’ex dipendente che, nel 2016, chiuse il procedimento penale patteggiando due anni di reclusione. 

La vicenda ebbe poi altri sbocchi giudiziari. Del caso si è occupata anche la Corte dei conti. A conclusione della fase istruttoria, la procura regionale citò in giudizio l’ormai ex dipendente della Sgs Malè chiedendo la sua condanna a pagare 260.235 euro, cioè 86.745 a titolo di danno patrimoniale più 173.490 per il danno d’immagine.  La difesa, sostenuta dagli avvocati Vittorio Anselmi e Alessandro Urciuoli, si è opposta lamentando tra l’altro il difetto di giurisdizione della Corte dei conti poiché la Sgs Malè è una società di diritto privato. Tesi respinta dai giudici contabili con una lunga motivazione in diritto perché si tratta di una società in house interamente controllata dal Comune per il quale gestisce servizi pubblici.  La difesa ha anche contestato una situazione definita «a dir poco kafkiana», per il sovrapporsi di giurisdizioni diverse. Un giudizio civile, ancora in corso, è stato avviato dalla Sgs Malè contro la sua ex dipendente per chiedere il risarcimento del danno patrimoniale subito. Inoltre si è fatta avanti anche l’Agenzia delle Entrate che ha chiesto il pagamento delle imposte applicate sulle somme illecitamente sottratte (in totale la richiesta sfiora i 70 mila euro, cifra che a rate la donna sta pagando).

Ma i giudici hanno sottolineato che l’esistenza di giudizi paralleli presso altre giurisdizioni non preclude affatto l’azione della Corte dei conti. I legali sono riusciti a contenere la condanna per il danno di immagine perché la vicenda degli ammanchi, attribuiti dalla difesa ad una grave ludopatia, aveva avuto scarso rilievo mediatico.

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