Quattro fusioni con nodi al pettine

di Andrea Bergamo

Quattro progetti di fusione saranno sottoposti al parere degli elettori nonesi domenica 22. I seggi rimarranno aperti dalle 8 alle 21 in quindici municipalità anauni che nei prossimi anni potrebbero ridursi a 4, se in tutti i Comuni coinvolti dovesse essere raggiunto il quorum del 40% degli elettori e soltanto se ovunque il numero dei «sì» tracciati sulle schede verdi sarà superiore a quello dei «no».

Qualche criticità sulla validità dei vari progetti ha coinvolto almeno un municipio per ogni Comune unico, che passiamo in rassegna. A Sfruz, sull’incorporazione nella realtà amministrativa di Predaia sono nati due comitati contrapposti (uno favorevole e uno contrario), all’interno dei quali si sono schierati i vari membri dell’amministrazione comunale (ne riferiamo nel pezzo del collega Guido Smadelli).

La nascita del nuovo Comune di Alta Val di Non (che potrebbe unificare Fondo, Malosco, Ruffré e Castelfondo) non convince appieno in particolare il paese dei Masi al confine con la provincia di Bolzano, con due assessori astenuti nella votazione al progetto di fusione.

Va ricordato che il municipio guidato dal sindaco Fabrizio Borzaga aveva chiesto inizialmente alla giunta provinciale di essere esonerato dalla gestione associata obbligatoria dei servizi, e che solo dopo aver capito che sarebbe stato impossibile mantenere l’attuale autonomia ha avviato un dialogo con gli altri Comuni dell’ambito.

In una lettera inviata all’Unione Altanaunia, Borzaga aveva addirittura paragonato l’ente sovracomunale al Vietnam, esprimendo dunque la propria contrarietà alla gestione associata con i Comuni (che potremmo definire «litigarelli») di Romeno, Cavareno, Sarnonico, Ronzone e Malosco. La scelta della fusione era dunque - secondo qualcuno - una strada obbligata. Eppure, in paese le voci contrarie riguardano in particolare il bilancio del Comune di Fondo su cui la Corte dei Conti ha puntato la lente e l’irreversibilità della scelta.

Passando alla zona del Mezzalone - dove Bresimo, Cis, Livo e Rumo potrebbero fondersi per dare vita al Comune di Maddalene - a schierarsi contro la fusione è l’intero gruppo di maggioranza di Rumo, con la sindaca Michela Noletti.

Qui, le quattro amministrazioni hanno già fissato i punti cardine del Comune unico, ma «dopo un’attenta valutazione dei numerosi cambiamenti che questo progetto comporterà per il paese, il nostro gruppo sta dando indicazione contraria anche nel corso delle serate informative» commenta Noletti. La prima cittadina spiega peraltro che nel corso dei tavoli di lavoro con le altre amministrazioni coinvolte, «troppo spesso siamo dovuti scendere a compromessi che limitano notevolmente i servizi e l’autonomia che Rumo merita e che ha sempre avuto».

Insomma, secondo il gruppo di maggioranza di Rumo, il progetto di fusione non porrebbe «delle valide garanzie sul mantenimento dello standard di qualità della vita cui la nostra comunità è abituata».

Infine, due sono i nodi «critici» del progetto elaborato dai cinque Comuni della Terza Sponda (Cagnò, Revò, Romallo, Cloz e Brez), che propongono l’unificazione in «Novella».

Un progetto nato dopo il mancato accordo di matrimonio di Cloz e Brez con Castelfondo, che non sembra entusiasmare almeno una fetta del paese di Revò. Qui, l’ex sindaco Francesco Valorz nel corso di una serata pubblica ha accusato la prima cittadina Yvette Maccani di «svendere» il Comune, poiché l’accordo tra amministrazioni prevede che la sede amministrativa di Novella sia decentrata a Romallo. Un altro punto riguarda Cloz, i cui terreni in territorio altoatesino non sono «coperti» da Uso civico e dunque la vendita del legname, dopo il 2020, andrebbe a favore dell’intero Comune e non del solo paese. I giochi sono aperti, le conclusioni si trarranno solo ad urne chiuse.

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