Il castello di Tomazol torna alla luce

Sanzeno, le ricerche di Paolo Odorizzi

Era l’8 agosto del 1211: nel palazzo del vescovado, tra il vescovo Wanga e quattro nobili, veniva steso l’accordo per la costruzione di una struttura fortificata nel plebatus de Sancto Sisinio in partibus ananie, vale a dire nella zona di Sanzeno. Che non ne rimanga traccia, però, non è del tutto vero, almeno secondo Paolo Odorizzi, architetto, che sta scrivendo un libro di ricerca storica sulla valle di Non. Anche lui di questo castello non aveva mai sentito parlare; ma leggendo il libro «Un Banco di storia» pubblicato nel 2005, redatto da Roberto Dapunt e Walter Iori viene a conoscenza di recenti ritrovamenti archeologici, con tanto di foto dei reperti, su un versante (franato) di un dosso a due passi dall’abitato di Banco, frazione di Sanzeno.

Paolo Odorizzi ne è incuriosito, e si fa accompagnare da degli amici del posto sul «dos di val», noto anche come «dos di tomazol». Un dosso che sorge o poca distanza da località «ciaslir», dove esisteva un castelliere; ed il sospetto che qualcosa, lì, esistesse, si fa quasi certezza. Di chiaro, da subito, emergono due particolari: la vetta del dosso è stata spianata, e con il materiale di risulta è stata al pari spianata la valletta che lo fiancheggia ad est. Inoltre vi sono tracce di antiche mura a secco, i sassi da soli in un certo modo non si accavallano, abitualmente.

Per eliminare i dubbi Paolo Odorizzi ricorre al «Lidar»: foto aeree con il laser, che consentono di «eliminare» la vegetazione esistente e vedere il terreno come si presenta, compreso qualcosa che sta sotto il livello del terreno stesso. Ecco così la conferma: dalla foto speciale risulta evidente la presenza di una struttura quadrata, otto metri di lato, contornata da altre conformazioni «anomale», nonché la ipotetica traccia della palizzata che nel documento vescovile del Duecento era stata prevista. I documenti duecenteschi parlano chiaro; e la foto con il «Lidar» fa il resto. «Siamo di fronte ad una serie di indizi che ci dicono quasi con certezza dell’esistenza di questo edificio fortificato», commenta Paolo Odorizzi. «La certezza assoluta non c’è, sarebbe quindi opportuna un’indagine archeologica per fugare ogni dubbio».

I reperti venuti alla luce sono di varie epoche: su quel dosso sorgeva probabilmente un castelliere preistorico, poi divenuto forse luogo di culto (l’esposizione ad ovest, al calare del sole, consente tale ipotesi). I pochi resti visibili nell’intrico di rami e radici non consentono di valutare forma, dimensioni ed altro. L’indagine archeologica auspicata da Odorizzi fugherebbe i dubbi; ed il dimenticato «castello di Tomazol» potrebbe trovare un proprio spazio, nel panorama di manieri e fortificazioni esistenti nel passato d’Anaunia.

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