Sfalciando il campo trova la marijuana

Indagano i carabinieri di Cles

di Guido Smadelli

Stava lavorando nella manutenzione del verde, in quanto dipendente della cooperativa «Lavoro e occupazione» di Mezzocorona. Erba alta, tagliata con un decespugliatore; d'improvviso un «urto» diverso, ecco venire alla luce un sacchetto ben imballato con nastro adesivo, nascosto appena sotto la piattaforma panoramica di Doss di Pez. Il lavoratore raccoglie lo strano pacco, lo annusa, non ci mette molto a comprendere di cosa si tratti: marjiuana. Una droga definita «leggera» (lo era forse un tempo, ora è più chimica che «erba»), peso 350 grammi, a 20 euro a grammo ci vuol poco a comprendere quale sia il valore di mercato. 

Poteva essere una tentazione. Ma non per Slamovir Ristovic, origini serbe, in Italia da decenni. «Ho compreso subito che si trattava di qualcosa di illecito, che qualcuno credeva di aver ben nascosto. Io sono contrario a tutte le droghe, sono contro qualsiasi tipo di sostanza illecita. Vengo dal mondo dello sport, e non tollero né le droghe utilizzate dai giovani, né il più sofisticato doping usato dagli atleti. Ho immediatamente dato comunicazione di quanto ritrovato al collega che stava lavorando assieme a me a Doss di Pez, e subito dopo ne ho informato la direzione della cooperativa per cui lavoro, informando che avrei consegnato il pacco ai carabinieri di Cles. Mi hanno detto che erano perfettamente d'accordo, e fieri della mia decisione, dandomi via libera. E così ho fatto». Il «pacco» è stato consegnato ieri pomeriggio alla caserma dei carabinieri del capoluogo anaune; partiranno delle indagini, saranno compiute delle analisi su quella strana «erba» contenuta nel sacco incerottato. Sul cui contenuto lo scopritore ha pochi dubbi. «L'ho annusata, si capisce che è qualcosa di illecito, sia per l'odore che emana, sia per come il sacchetto era confezionato e riposto accuratamente in un angolo dove difficilmente sarebbe stato scoperto». 

Slamovir Ristovic, per tutti «Sandro», è arrivato in Italia nel 1974, come componente della squadra nazionale di karate dell'ex Jugosolavia di Tito, doveva partecipare ai Campionati mondiali che avevano sede a Milano. Aveva vinto tutte le gare, per poi cogliere l'occasione di «scomparire», rimanendo in Italia, lavorando per un periodo con la Federazione italiana di arti marziali, poi come semplice camionista, girando mezzo mondo, fino a poco tempo fa. Arrivano la crisi e la disoccupazione, trova impiego nelle squadre della cooperativa di cui sopra, nella manutenzione del verde, impegnato assieme ad un'altra quindicina di colleghi nell'«azione 19». Vive a Cles con la moglie Mariana ; spera un giorno di finire quella casa che con i risparmi di una vita ha costruito a Kraljevo, nel sud della Bosnia; costruita, arredata con «pezzi» acquistati qua e là sui mercati durante i suoi viaggi in camion, ora invasa dal fango dopo le inondazioni che lo scorso anno hanno interessato Bosnia, Serbia e Croazia.

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