«Caccia, amica e compagna di vita»

È il cacciatore in attività più anziano del Trentino. Giuseppe «Beppino» Marches è nato 94 anni fa a Fondo. Occhi azzurri e allegri, Beppino è una persona straordinaria. Acuto e dinamico a dispetto dell'età anagrafica, ci accoglie nella sua abitazione

fucile caccia cacciatore cacciatoriFONDO - È il cacciatore in attività più anziano del Trentino. Giuseppe «Beppino» Marches è nato 94 anni fa a Fondo. Occhi azzurri e allegri, Beppino è una persona straordinaria. Acuto e dinamico a dispetto dell'età anagrafica, ci accoglie nella sua abitazione. Alle pareti, una collezione di trofei di caccia e alcune fotografie in bianco e nero narrano della sua vita. «Ho cominciato ad andare a caccia a 6 anni, accompagnando mio papà. Nella prima uscita insieme l'ho aiutato a catturare una volpe ferita: la voce s'è sparsa e in paese hanno iniziato a chiamarmi "el piciol da la bolp"».


Il bambino della volpe cresce, ultimo di quattro figli nutriti di patate e fatica. Papà Massimiliano «Max», classe 1879, è capomastro, specializzato nella costruzione di strade. Mamma Leonilde «Nilde» Nesler, classe 1883 di Malosco, muore troppo presto: Beppino ha solo 14 anni. «Mi è caduto il mondo addosso, poi mi sono detto: dobbiamo farcela. Non avevo tanta voglia di andare a scuola, ma mi sono impegnato». A Bolzano studia per diventare perito industriale, aiutato economicamente dalle tre sorelle maggiori. «Persone magnifiche, cui sono tanto riconoscente»: a distanza di 80 anni, il cuore di Beppino custodisce intatta la gratitudine. La disciplina scolastica è rigida: «Se mi capitava di incontrare un professore alle nove di sera, ero certo che il giorno dopo mi avrebbe interrogato dandomi quattro».

 

Ottenuto il diploma, ogni suo progetto è scombussolato dallo scoppio della Seconda guerra mondiale: «Da tempo c'era nell'aria odore di polvere da sparo». Beppino è mandato in Albania. «Gli ufficiali ci parlavano con franchezza: "Ragazzi, qui la guerra è persa. Portate la pelle a casa". Ho avuto tanta fortuna. Una notte ho visto le fiamme delle mitragliatrici nemiche e mi sono schiacciato a terra. Il capitano, in piedi, ha gridato: "Ragazzi, con me". Sono state le sue ultime parole. Una scarica l'ha falciato, mi è caduto accanto, morto».


Dopo l'armistizio Beppino si nasconde per non venire arruolato dai tedeschi. Finalmente la guerra finisce, ma la ferite del cuore non smettono di sanguinare. «Per molto tempo ho avuto gli incubi. Sognavo di essere ricercato dai nazisti: mi impiccavano, mi fucilavano. Mi svegliavo gridando». Dal 1945 lavora a Milano presso diverse aziende, dove si occupa di disegno industriale. Produce i primi reattori per la penicillina fabbricati in Italia; mette a punto un forno a cottura continua per materiali refrattari che permette alla ditta costruttrice di fare fortuna, ma declina l'invito a diventare socio dell'azienda. «Non mi piace la routine: ho voluto affrontare lavori sempre nuovi, da grattarsi la testa. Mai timbrato il cartellino».


E mai leccato i piedi al padrone. «Un giorno il presidente della ditta, uomo severissimo che tutti salutavano ossequiosamente, mi ha chiesto perché lo evitassi. Gli ho risposto: "Ho fatto il militare. Lì mi hanno insegnato a stare davanti ai muli, dietro ai cannoni e lontano dai superiori". Non se l'aspettava: siamo diventati amici». In Lombardia Beppino incontra Maria Piera, ragazza valtellinese; si sposano e hanno un figlio, al quale danno il nome del nonno paterno. «El me putt adesso ha 60 anni, è fisico nucleare ed è sempre in viaggio da una parte all'altra del mondo». Massimiliano Marches è l'attuale vicepresidente della divisione approvvigionamento gas dell'Eni.
Compagna fedele di una vita tanto movimentata è stata - ed è tuttora - la caccia, che Beppino pratica ininterrottamente da 88 anni. Pure a costo di fare il pendolare.

 

«Quando lavoravo a Milano, ogni fine settimana mi mettevo in macchina e venivo qui, per andare a caccia; ripartivo il lunedì, alle due di mattina». Il mondo è cambiato, e la caccia con esso. «Un tempo si partiva a piedi, molto prima dell'alba, con la lanterna. Il mio primo fucile è stato un Ferlach. Il bosco era fitto: «can che i ciagni i parava», si vedeva a malapena cosa c'era tra la vegetazione. Selva vera, grandi cacce. A me piace andare, non fare la posta. Ora si spara da 300 metri, ma una volta bisognava avvicinarsi alla selvaggina, si imparava a conoscerla».


Cervi, caprioli, lepri, francolini, cedroni: nelle parole di Beppino, compagni di vita. «La selvaggina mi ha permesso di avere le scarpe. Una pelle di volpe valeva 100 lire, quella di uno scoiattolo 10 lire. Un paio di scarponi costava 70 lire». In gioventù, la notte prima dell'apertura della stagione venatoria, non riusciva a dormire. «È difficile da spiegare. Quando vado a caccia, non penso a nient'altro, mi estraneo, mi svuoto. La caccia è bellissima. "Gi vuol provar". Ai ragazzi che cominciano, raccomando prudenza. Bisogna fare attenzione con gli schioppi, non essere sfersari. Quanti incidenti in questi ultimi anni!».


Nella casa di Beppino abbondano i libri. In una stanza ha ricavato un piccolo laboratorio, dove intaglia il legno e lavora le cortecce, ricavandone curiosi volti silvani. Ovunque si posa lo sguardo, tanti ricordi, ma nessuna nostalgia amara. «Non c'è accostamento tra ieri e oggi. È un'altra vita. Quando capita di parlare del passato, i giovani ti ascoltano, ma glielo leggi in faccia che pensano "Che stupido"».


Beppino vive solo, si prepara da mangiare, guida l'automobile. Qual è il segreto di tanta forza e serenità? La domanda lo fa ridere, e riflettere per un po'. «Non essere egoisti. Non crearsi problemi, che quelli vengono da soli». Grazie, Beppino. El piciol da la bolp, il cacciatore più vecchio del Trentino.

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