Il lutto / Ricerca

Il dolore per la morte a 55 anni di Claudio Moser, tra le menti più brillanti della Fondazione Mach

È un lutto che colpisce non solo il mondo della ricerca, ma anche la Bolghera, dove Moser era cresciuto e dove viveva tuttora: ultimo di quattro fratelli, tutti stimati professionisti (Chiara, pediatra, Francesco, avvocato e Marcello, commercialista), Claudio al suo quartiere era legatissimo

TRENTO. Era stato tra i protagonisti dell'impegno della Fondazione Mach nel campo dell'importante lavoro sul genoma di vite e melo: Claudio Moser, 55 anni, è scomparso sabato 17 febbraio dopo aver combattuto per mesi contro la malattia che lo aveva colpito nella seconda metà dello scorso anno. Un lutto che colpisce non solo il mondo della ricerca, ma anche il quartiere della Bolghera, dove Moser era cresciuto e dove viveva tuttora: ultimo di quattro fratelli, tutti stimati professionisti (Chiara, pediatra, Francesco, avvocato e Marcello, commercialista), Claudio al suo quartiere era legatissimo: in gioventù aveva giocato a pallavolo nel Gs Bolghera e tuttora collaborava con le attività della parrocchia.

Dopo il diploma al Galilei, aveva scelto di studiare biologia a Pavia, svolgendo poi il dottorato di ricerca presso il Laboratorio europeo di Biologia molecolare a Heidelberg, in Germania. Moser aveva iniziato il suo percorso a San Michele nel 2001, arrivando a ricoprire nella fondazione Mach il ruolo di responsabile del Dipartimento di Genomica e Biologia delle piante da frutto del Centro ricerca e innovazione.

«Quella di Claudio è una perdita enorme per noi», lo ricorda commosso il collega Marco Stefanini, che nel Centro ricerca e innovazione ricopriva il ruolo di responsabile dell'Unità genetica e miglioramento genetico della vite: «Lo è soprattutto dal punto vista umano: le sue doti dal punto di vista scientifico, professionale, erano fuori discussione. Ma è sempre stato grazie alla sua capacità di fare rete, di dialogare con gli altri, di farsi apprezzare da tutti, che il lavoro scientifico che seguiva portava a risultati concreti. Lavorare con lui era un piacere, perché si vedeva quanto amasse quello che faceva».

Soffriva nel non poter più seguire di persona i progetti, a San Michele: dopo che ad ottobre era stato operato, aveva voluto tornare a novembre, prima di doversi fermare definitivamente. Ma anche da casa seguiva riunioni e progressi dei colleghi: «Anche perché siamo in una fase delicata: dopo lunghi iter che hanno portato a non considerare le piante modificate per renderle più resistenti come Ogm, abbiamo potuto passare ai test in campo aperto delle piante modificate per essere più resistenti e la fase di prova sul campo erano seguite costantemente da Claudio».

«È sempre stato un uomo brillante, fin dal tempo degli studi, con la maturità presa a pieni voti e la laurea con il 110 e lode», ricorda il fratello Francesco: «Ma nonostante le sue capacità aveva sempre mantenuto umiltà e semplicità. Amava le sue gite in montagna, le sue passeggiate, la vita in famiglia. Una persona profonda, eppure semplice, a cui in tanti devono e dobbiamo tanto».

Claudio Moser, che oltre alla sorella e ai fratelli lascia la moglie Marianna e la figlia Maddalena.

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