Il Comune di Cembra Lisignago condannato in appello anche per il polo scolastico

Continua a diluviare sul bagnato a Cembra. Venerdì sera in sala consigliare le circa cento persone presenti alla serata informativa sull’impianto di cogenerazione in zona Campagna Rasa, oltre a ricevere brutte notizie sul tema all’ordine del giorno (ma su questo almeno erano preparate), si sono ritrovate fra capo e collo, en passant nel corso del dibattito, la notizia della condanna in appello subita dal Comune per i lavori al Polo scolastico. 
 
Una scoppola non ancora quantificata nel dettaglio, ma che il sindaco Damiano Zanotelli ha stimato in alcune centinaia di migliaia di euro. Condanna che segue di alcune settimane quella - sempre in appello - da 316.743 euro per la vertenza avviata dalla ditta Zorzi geom. Mario srl relativa al Centro di protezione civile.
 
Tre grane - l’impianto di cogenerazione e le due condanne - che rischiano di paralizzare per parecchi anni il Comune di Cembra Lisignago sul fronte degli investimenti. «La situazione non è delle migliori per pianificare interventi - ha riconosciuto il sindaco Zanotelli -. Questo però abbiamo ereditato e cercheremo di farvi fronte al meglio, facendo leva sul Fondo strategico territoriale e sul Fondo Avisio che dovrebbe sbloccarsi il prossimo anno, per le progettualità della ciclabile Cembra-Lisignago e il ponte di collegamento fra Cembra e Lona».   
 
Presenti in sala, l’ex sindaca Antonietta Nardin e l’ex assessora Giovanna Paolazzi hanno preso le distanze dalla vicenda Polo scolastico, imputandone la responsabilità politica all’amministrazione Lettieri ed hanno provato a giustificare la loro condotta di amministratrici - rivendicando di aver agito in buona fede - sia sul Centro della protezione civile sia sull’impianto di cogenerazione.
 
Come detto, proprio su quest’ultimo verteva la serata, ed in particolare sulle risposte del CTU -(consulente tecnico di ufficio) , ingegner Andrea Maistri, ai quesiti posti dal tribunale rispetto all’impianto. Ad illustrarne i contenuti (la relazione completa è disponibile sul sito del Comune di Cembra Lisignago), è stato l’ingegner Michele Tarolli, consulente di parte nominato dal Comune. 
 
Ciò che emerge dal documento consegnato al giudice dottoressa Renata Fermanelli, è che l’impianto di cogenerazione realizzato a Cembra ha evidenziato gravi carenze sia in fase di progettazione che di realizzazione. «Secondo me Pyromax (la società che ha progettato e realizzato l’impianto, ndr) - ha affermato l’ingegner Tarolli - ha provato a fare l’impianto a spese del Comune di Cembra con un approccio “trial and error”, ossia provando, sbagliando e cercando di rimediare. Conclusione alla quale è arrivato anche il CTU, per il quale “la evidente dimostrazione che l’impianto di Cembra è un impianto sperimentale è data dalle modifiche apportate in corso d’opera da parte di Pyromax alle tre linee di gassificazione ed alle coclee di movimentazione del cippato».
 
Bocciato senza possibilità di appello per la parte della gassificazione, l’impianto ha evidenziato pecche gravi anche sulle opere elettriche e meccaniche, a cui si aggiunge in generale una bassa qualità nelle lavorazioni. «Gli unici componenti che si potrebbero salvare e riutilizzare - ha aggiunto Tarolli - sarebbero i tre motori. L’auspicio del CTU è che, eccezion fatta per le linee di gassificazione, il materiale possa essere riutilizzato. Nessuna ditta seria che utilizza la gassificazione del legno per produrre energia elettrica, tuttavia, si è detta disponibile a ragionare su una simile ipotesi. Ognuno porta la propria tecnlogia al completo». 
 
Tasto dolentissimo per il Comune di Cembra Lisignago - che per l’opera ha già impegnato 1,7 milioni di euro - quello dei mancati introiti. Dal 1 aprile 2015 (data in cui il GSE ha riconosciuto all’impianto la tariffa incentivante di 257 euro a KwH) al 31 agosto 2017 (data di deposito della CTU) il mancato funzionamento dell’impianto ha fatto perdere alle casse comunale oltre 410 mila euro. Soldi tra l’altro teoricamente garantiti da una fideiussione «evaporata» nel momento in cui il Comune ha cercato di escuterla.
 
Garantitasi  con l’accertamento tecnico preventivo la possibilità di utilizzare la caldaia dell’impianto almeno per far funzionare il teleriscaldamento (ad oggi esso funziona con la caldaia a metano delle scuole), l’amministrazione comunale ora si trova davanti al dilemma su cosa fare di tutto l’impianto . Una decisione gravosa, condizionata da due pesanti fattori. Il primo riguarda l’irrisolta questione di come utilizzare l’energia termica (il calore) che si produce creando energia elettrica. Il secondo attiene al fatto che le tariffe incentivanti concesse dal GSE sono strettamente legate alla tipologia di impianto in essere.

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