A Lavis le ragioni del "Sì" e del "No" nel confronto Borgonovo Re-Fugatti

Giocata sui contenuti prettamente tecnici della riforma costituzionale su cui gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi il 4 dicembre, la serata organizzata martedì a Lavis dalla Lega Nord, si è rivelata un successo, sia in termini di partecipazione (una settantina le persone nel salone di Palazzo Maffei), sia di qualità del dibattito, protrattosi per due ore e mezza. 
 
A favorire questo secondo risultato, la preparazione, il reciproco rispetto e la capacità di divulgare in modo chiaro le loro tesi, dei due politici a confronto: il segretario e consigliere provinciale della Lega Maurizio Fugatti, propugnatore del «no», e la collega consigliera provinciale del Pd Donata Borgonovo Re, per il «sì». 
 
Chiamati in causa di volta in volta dal giornalista Pietro Gottardi su tutti i cambiamenti introdotti dalla riforma di cui è chiesta conferma col referendum, i contendenti hanno fornito in modo chiaro i loro punti di vista trovando anche punti di convergenza sulle nuove regole per gli istituti di democrazia diretta e sul fatto che non sia il risparmio il punto nodale della riforma. 
 
Sul concetto fondante che è il superamento del bicameralismo perfetto, Borgonovo Re ha sottolineato come il mantenimento del Senato seppur drasticamente ridotto nel numero dei componenti e nella modalità di composizione (100 componenti, 95 espressione dei consigli regionali e dei sindaci) risponda da un lato alla volontà di rimanere fedeli allo spirito dei padri costituenti e dall’altro a quella di snellire il procedimento legislativo.
 
Fugatti, per contro, ha sostenuto come in realtà il bicameralismo permarrà su materie importanti e in generale con la possibilità data a un terzo dei senatori di chiedere alla Camera entro dieci giorni dall’approvazione di una legge, di discuterla a sua volta e modificarla, salvo il successivo potere della Camera di accettare il testo emendato o mantenere quello originario.
 
A fare da sfondo alla discussione - in particolare rispetto ai nuovi poteri dell’esecutivo e alle modalità di elezione del presidente della repubblica - il combinato disposto con l’Italicum, la legge elettorale entrata in vigore il 1° luglio scorso che prevede un premio di maggioranza di 340 seggi a chi supera il 40% al primo turno o vince il ballottaggio al secondo.
 
«Il rischio concreto se vincerà il sì - ha avvertito Fugatti -, è che chi poi vincerà le elezioni oltre ad avere una maggioranza massiccia e di “nominati” alla Camera non bilanciata al Senato, possa influenzare anche l’elezione del Capo dello Stato».
 
Di diverso avviso Borgonovo Re (soprattuto sull’elezione del presidente), che a proposito dell’Italicum ha rigettato l’immagine dei futuri eletti come «nominati», mettendo in rilievo piuttosto come aspetto positivo, il ritorno alle due preferenze, di cui una di genere. Sull’asserita blindatura della nostra autonomia provinciale garantita dalla riforma, infine, Fugatti ha espresso forti perplessità, mentre Borgonovo Re ha posto favorevolmente l’accento sul fatto che per la futura revisione dello Statuto, sia stato previsto che vi sia l’intesa fra Stato e Provincia.

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