Professioni / Il ritratto

Che bel mestiere, fare lo spazzacamino. Il geometra Matteo di Breguzzo: «Il lavoro non ci manca mai»

Ha iniziato facendo tetti, poi lo zio gli ha proposto di occuparsi delle canne fumarie, che vanno tenute sempre pulite anche per prevenire gli incendi. Una professione entusiasmante, ma lui sogna di fare il pompiere permanente

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BREGUZZO. Guardare il mondo da un tetto. È questo il destino che prima si è ritrovato per trasmissione familiare e poi si è scelto Matteo Ferrari, venticinque anni, di Breguzzo, diploma di geometra in tasca. Prima se l’è ritrovato perché viene da una famiglia, i Ferrari, che è molto conosciuta per la costruzione di tetti.

Per un po’ è andato avanti e indietro a montare tetti. Un bel giorno lo zio Carlo (professione spazzacamino) gli ha detto: «“Perché non vieni con me?” c’è un sacco di lavoro. Tanto come trasmetterlo ad un altro, preferisco insegnare a te che sei mio nipote. Ti avvio, poi ti passo il lavoro. Che dici? Vuoi provare?».

Così Matteo ha accettato la proposta. Ha provato e non è pentito proprio per niente. Anzi, gli senti la gioia nella voce. «Vuoi mettere com’è adesso e com’era prima?». In che senso? «Intendiamoci, facevo volentieri anche il mestiere di prima. Però a montare tetti stavi nello stesso cantiere, vedevi le stesse persone per un paio di settimane. Era sempre la solita solfa. Fare lo spazzacamino è diverso: ogni giorno, anzi, ogni ora vedi gente diversa. Ogni giorno cambi paese. Vedi un sacco di gente. Certo, come in tutti i mestieri puoi trovare anche il rompi, ma il lavoro è vario. Mica come prima, sempre la stessa musica e gli stessi cantanti», ribadisce.

Domande che si affollano: quanto ci si mette a pulire un camino? E c’è tanto lavoro? “A pulire un camino, se è solo la canna fumaria, mezz’oretta”. Poi ci guarda Matteo, sorride e tira fuori la frase nel dialetto locale: “Lavoro? Ghe n’è anca par i porcèi!”.

Parole dirette per spiegare senza giri di parole, come facevano i contadini di un tempo, che qualcosa abbonda. In questo caso il lavoro. Allora ti viene da chiedere se siano tanti o pochi gli spazzacamini. E scopri un fenomeno che non ti aspetti. Scopri che nelle Giudicarie sono una decina. E cogli un’informazione ancora più curiosa: di questa decina ben sei hanno casa nei paesi di Sella Giudicarie, il comune degli spazzacamini. Gli altri sono di Zuclo e della Rendena.

Se c’è tanto lavoro vuol dire che i giudicariesi sono bravi: ottemperano all’impegno di pulire le canne fumarie. Anche se talvolta bruciano ancora. Una domanda ci brucia in gola: serve un diploma o una specializzazione? «Fino all’anno scorso – risponde Matteo – non c’era niente. Ora è stato messo in piedi un corso, che non è obbligatorio, ma bisognerebbe frequentarlo per ottenere l’iscrizione ad un albo degli spazzacamini».

Che facciamo? Lo frequentiamo? Ed ecco la sorpresa. Scrolla le spalle Matteo. «Sinceramente non lo so». E viene fuori che ha partecipato ad un concorso dei vigili del fuoco permanenti di Trento. «Se mi chiamassero... Smetterei di fare lo spazzacamino».

Anche se insiste nel dire che «è un mestiere bellissimo». Insomma, un terzo modo per guardare il mondo da un tetto, magari in fiamme. Però per ora continua a portarsi nel furgone l’aspirapolvere, le spazzole, l’aspo, che (detta male) è una specie di sonda da elettricisti cui attaccare le spazzole da buttare giù per il camino. Lavora e aspetta notizie da Trento. È comunque contento Matteo, e va su e giù per le contrade. Anche se è necessario spazzare via i vecchi cliché dell’uomo tutto nero con lo spazzolone. E non è più nemmeno il tempo romantico in cui si cantava “di qua e di là si sente cantare allegramente lo spazzacamin!”.

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