Grande Guerra, in mostra le storie di profughi trentini

Giugno 1915: 1.714 persone furono evacuate da Condino e Brione. Pochi giorni a Storo, Darzo, Lodrone e Baitoni, quindi furono caricate su camion militari e trasferite in Piemonte. Lo hanno raccontato nei giorni scorsi i curatori di una ricerca sui profughi, divenuta mostra e che presto si trasformerà in libro, Gianni Poletti, Antonio Armani e Maddalena Pellizzari.

La mostra (allestita nella Sala delle colonne del municipio di Condino) rimarrà aperta fino al 30 gennaio tutti i giorni dalle 17 alle 19.
La ricerca (realizzata dal gruppo Grande Guerra del Centro Studi Judicaria con la collaborazione dell'Ecomuseo del Chiese, della Comunità di valle, della Fondazione Caritro, della Provincia e del Comune di Condino) è costata due anni di lavoro, partendo da indagini già fatte in passato, ma aggiornate con dati d'archivio, documenti e fotografie dati da privati e famiglie. Oggi la mostra è a Condino, ma più avanti percorrerà tutte le Giudicarie.

Numeri piccoli quelli di Condino e Brione, ma parte integrante della gran massa di evacuati giudicariesi (circa 7.000) e trentini (oltre 100.000), spostati principalmente nelle retrovie e nelle «città di legno» dell'Austria, ma anche in Italia: è il caso di coloro che abitavano nelle zone di prima linea conquistate dagli italiani.

Per capire l'entità del fenomeno (magari paragonandola a quella di oggi) bastino pochi dati delle retrovie giudicariesi: a Tione (allora 2.100 abitanti) furono stipati 1.200 profughi.
Accanto agli evacuati, il lavoro certosino dei ricercatori ha evidenziato che esistevano anche gli internati (generalmente perché ritenuti politicamente pericolosi), i lavoratori militarizzati, gli arruolati sotto l'Austria per la manutenzione delle fortificazioni, i rifugiati prima che arrivassero gli italiani. E non mancò chi fu fucilato.

I profughi condinesi e brionesi non furono concentrati nello stesso paese: la maggior parte arrivò in Piemonte, ma un gruppo finì in Liguria, una famiglia in Emilia Romagna e il decano (monsignor Giacomo Regensburger, anima della cooperazione) prima a Firenze e poi nel Bresciano.
Domanda curiosa: si sono trovati meglio i profughi in Italia o quelli in Austria? Risposta senza dubbi: in Italia. L'Austria era spossata dalla guerra e dal blocco delle derrate che prima del conflitto arrivavano dall'Ungheria, mentre l'Italia diede dei sussidi.

Il ritorno a casa fu spesso drammatico, perché i profughi non trovarono più gli animali che avevano dovuto abbandonare. I soldati fecero razzia di tutto, tranne che dei libri lasciati dai frati al convento di Condino: 3.112 volumi catalogò nel 1918 un capitano, che li spedì a Brescia.
Profughi un secolo fa e profughi oggi... Marina Moratelli (docente dell'Istituto di istruzione superiore Guetti di Tione) ha presentato il lavoro fatto con decine di alunni dal quale è uscito un docufilm («La trincea nell'anima») che verrà presentato (sempre a Condino) il 27 gennaio per la giornata della memoria.

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