«Ha lottato fino all'ultimo contro il male» Oggi alle 18 il saluto a Roberto Giacomelli

di Marica Viganò

Era un combattente, un inguaribile ottimista nel lavoro come nella vita. Quando il male l'ha colto, all'improvviso, non si è perso d'animo e ha iniziato a lottare. Questa ultima battaglia Roberto Giacomelli, ex capo della squadra mobile di Trento, non è riuscito a vincerla. Si è spento venerdì pomeriggio all'ospedale di Bolzano, lasciando nel più profondo dolore la moglie Katia e le figlie Elisa, Francesca e Chiara. Aveva 48 anni.

«Non si è mai arreso, ha dimostrato un coraggio incredibile: era convinto di guarire e nessun'altra persona nelle sue condizioni avrebbe potuto essere più determinata» evidenzia Stefano Mamani , dirigente dell'anticrimine di Bolzano, ex capo della squadra mobile altoatesina - È sempre stato fiducioso, una gran persona. Ed è proprio per questo suo spiccato ottimismo che quanto è accaduto è ancor più brutale». Il ricordo va agli anni in cui, entrambi dirigenti di squadra mobile, si sono spesso confrontati e hanno lavorato insieme.

«Nel novembre dello scorso anno è stato nominato capo di gabinetto a Bolzano, ruolo che avevo occupato io. Ambiva a tornare a Trento come vicario, ce l'avrebbe sicuramente fatta».  «Sì, aveva tutte le caratteristiche per diventare questore, a partire dalla giovane età e dall'esperienza. Aveva una brillante carriera alla spalle e l'avrebbe avuta anche nel futuro». Parla con commozione l'ex questore di Trento Giorgio Iacobone , in pensione dal 2015. «Di Giacomelli non posso che ricordare la sua vitalità, la sua forza e l'attaccamento al lavoro - prosegue - Queste sue caratteristiche le ho scoperte appena arrivato a Trento: la squadra mobile stava indagando su un tentato omicidio (un uomo che, in città, provò ad uccidere la moglie, nel settembre 2010, ndr) e il responsabile si era dato alla fuga. Ricordo che Giacomelli aveva lavorato ininterrottamente e dormito in ufficio. Non solo voleva prendere l'autore del reato, come avvenne, ma aveva fretta per il timore che potesse compiere atti di autolesionismo. Questo mi ha dato subito l'idea del suo attaccamento al lavoro e della sua sensibilità. La sua forza ed il suo coraggio li ho potuti apprezzare in tante occasioni. Dove c'era il maggior rischio, era sempre in prima linea. Penso a quella domenica pomeriggio del 2012 quando in centro scoppiarono i disordini fra nordafricani e centroafricani: lo chiamai e lui corse subito in città. L'operazione terminò con 26 arresti in flagranza di reato». Iacobone ricorda che, scherzando, lo chiamavano «il questore». «Sì, perché era molto conosciuto, forse la figura più conosciuta della questura di Trento, al punto che la gente veniva e chiedeva del "questore Giacomelli"- spiega - E poi era corretto e nel lavoro ci metteva sempre molto entusiasmo. Era combattivo nel lavoro così come lo è stato nella malattia». 

Il 28 luglio il capo della polizia Franco Gabrielli, che si trovava in visita in regione, aveva voluto salutarlo. Giacomelli era ricoverato all'ospedale di Bolzano e sembrava che le cure stessero facendo effetto. Qualche giorno fa, purtroppo, la situazione è peggiorata. La notizia della sua scomparsa ha scosso i suoi «storici» collaboratori. A partire dagli uomini della squadra mobile, con cui per anni ha lavorato fianco a fianco. «Era amatissimo da tutti - ricorda l'ispettore superiore Nicola Gremes , coordinatore della squadra mobile - Aveva un entusiasmo fuori dal comune, una simpatia innata con la quale riusciva a coinvolgere tutti noi, dal punto di vista professionale in primis. Ma non dimentichiamo che non siamo solo poliziotti, siamo uomini: lui c'era anche dal punto di vista umano. E poi trainava la squadra: non si tirava mai indietro, prima agiva lui poi noi. Ci metteva la faccia e ha sempre aiutato i suoi uomini».

Il vicequestore Salvatore Ascione , capo della squadra mobile di Trento, si stringe alla famiglia Giacomelli. «Roberto era un uomo che amava la vita, capace di cogliere l'aspetto positivo in ogni cosa - evidenzia - il mio pensiero va ai suoi cari, in particolare modo alle figlie, consapevole però che conserveranno il ricordo di un padre sempre allegro ed entusiasta». 

Per tanti anni il suo collaboratore più stretto è stato Marcello Manganiello , vice dirigente della squadra mobile, in pensione dal 2008. Ricorda l'intervento di Giacomelli, giovane dirigente della squadra mobile, nella chiesa di San Pietro: era settembre 2002 e un uomo si barricò all'interno minacciando di farsi saltare con una cintura esplosiva. La strada venne chiusa da polizia e da carabinieri. «Era sempre in prima linea. Entrò lui nella chiesa di San Pietro. Non solo coordinava, ma prendeva l'iniziativa e non si fermava davanti a nulla, era sempre attivo e dinamico - spiega - Era riuscito a creare una squadra affiatata. Tutti gli volevamo bene». 

Il funerale di Roberto Giacomelli verrà celebrato oggi alle 18, nella chiesa arcipretale di Predazzo.

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