«Disturbati» dai disabili, bene parlarne

Massimiliano Deflorian , direttore generale di Anffas Trentino, commenta quanto successo a Pozza di Fassa: i clienti di un hotel se ne sono andati perché non sopportavano di dover convivere con portatori di handicap

di Roberta Boccardi

«In una società che è divenuta nel tempo partecipe di una cultura di consapevolezza e di accettazione, permane ancora chi guarda alla diversità con sospetto e alla fragilità con prepotenza. In quanto accaduto - decidere di lasciare l'hotel per la presenza di persone "disturbanti" - la cosa che spiace e che rammarica è la ferita alla dignità della persona offesa e dei suoi familiari». 

Massimiliano Deflorian , direttore generale di Anffas Trentino, l'associazione che da 50 anni lavora per i diritti delle persone con disabilità e per garantire loro la massima inclusione, parla di episodio increscioso. E, nel confermare che la disabilità è ancora un fattore discriminante, ricorda due recenti episodi di cronaca che raccontano di sopruso e sopraffazione ai danni della componente più fragile della società: la bambina sbeffeggiata e presa a sassate dai coetanei a Milano e il giovane down in attesa dell'autobus avvicinato, circuito e derubato a Trento. «Sono azioni che suscitano sconcerto, sconforto - dice - perché avvengono a danno di persone che difficilmente riescono a opporsi, a reagire».

Tornando agli eventi di Pozza di Fassa (leggi qui), Deflorian vede, comunque, un elemento positivo: «È importante che sia nata una riflessione su un caso come questo, vuol dire che non c'è indifferenza nella gran parte delle persone. Come si dice: fa più rumore un albero che cade della foresta che cresce, e la foresta sta crescendo». 

È vero, oggi accade di frequente di incontrare persone disabili in hotel. Possiamo parlare di un turismo accessibile a tutti?
Ci sono sempre più porte aperte: il fatto che un albergatore a noi sconosciuto abbia accolto un gruppo di 40 persone vuol dire che disponibilità e accoglienza ci sono. Proprio perché vogliamo garantire una vita piena a queste persone, c'è chi studia, chi lavora, chi si dedica al volontariato, chi impara a vivere in autonomia. E questo significa che la disabilità è una condizione della vita umana che può essere vissuta con dignità e serenità. 
Negli alberghi non è raro incontrare anche persone con disabilità gravi. 
Questo probabilmente è un passaggio degli ultimi tempi: fintanto che la disabilità è lieve ha tutti gli strumenti per godere delle opportunità di un momento di riposo e di relax in montagna piuttosto che al mare, ma pari dignità, quindi gli stessi diritti, li hanno anche le persone con disabilità gravi. A loro, soprattutto, io credo sia da augurare di incontrare nel cammino della vita le moltissime persone per le quali la parola diversità significa ancora ricchezza, accoglienza e solidarietà.
Non è il caso di questo gruppo, i cui componenti sono tutti più o meno autonomi, e vengono descritti come composti e silenziosi, molto educati e cordiali. Questo viene riconosciuto?
Quando andiamo spesso ci fanno i complimenti e ci dicono che gruppi così silenziosi ed educati non si trovano in altri contesti. Ma anche nel caso dell'hotel di Pozza di Fassa non c'è stato disturbo «reale», piuttosto legato ad un limite culturale di queste poche persone: si parla di due coppie che hanno lasciato l'albergo, suscitando l'indignazione del titolare.
Ed è stato proprio il proprietario dell'hotel, amareggiato, a rendere pubblico l'accaduto: una coppia non ha confermato la prenotazione, poi un'altra ha anticipato la partenza, tra l'incredulità del personale e degli accompagnatori. Ha fatto bene?
«Per me è importante che notizie come queste creino questo interesse alla riflessione: vuol dire che effettivamente la foresta sta crescendo. Altrimenti di fronte a questi episodi, che c'erano anche in passato ma che rimanevano nell'indifferenza, si guarda con noncuranza: il fatto che ora vengano stigmatizzati sicuramente è un segnale di crescita culturale».

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