La «nuova» Ponale non piacerà ai biker

L'analisi del tracciato modificato dopo cinque mesi di lavoro: sparite cunette, dossi, salti e ostacoli

di Davide Pivetti

Vista con gli occhi degli appassionati di mountain bike - cresciuti in Busa o in arrivo dalle latitudini più lontane - la nuova Ponale è sicuramente meno entusiasmante di quella precedente.

Per carità, il fascino di una strada sterrata ancora esclusiva per chi sale e scende i nostri monti con le ruote dentate è ancora intatto. I paesaggi non mutano certo, le atmosfere nemmeno, la storia e lo sforzo ingegneristico sono forse anche più visibili e quindi comprensibili di prima. Ma chi finora - e sono centinaia di migliaia di persone, forse milioni negli ultimi anni - ha percorso la Ponale anche per il piacere di affrontare un percorso pensato per i bikers e quindi con alcune precise caratteristiche tecniche, da sabato scorso, giorno dell'avvenuta (prima) riapertura, resterà deluso.

Cunette, dossi, sopraelevature, piccole paraboliche, rimbalzi tra un ghiaione e l’altro non ci sono più.

La Ponale è stata davvero “spianata” come temevano gli appassionati di discese in rampichino. È diventata davvero uno sterratone come denunciavano, un paio di giorni fa, i bikers dell’Unione trentina.

Con questo non si può parlare esattamente di «scempio» come è stato fatto, ma di una precisa scelta politica e turistica che certo ha molto a che fare anche con la sicurezza.

L’estetica è un po’ difficile da giudicare adesso. La Ponale è ancora un cantiere e tale rimarrà di fatto per un altro anno intero visto che anche ieri è stato confermato che la consegna definitiva del nuovo tracciato riqualificato avverrà soltanto nel marzo 2019 dopo altri lunghi mesi di chiusura invernale.

Sicurezza è parola cardine di quanto accaduto negli ultimi mesi sulla Ponale. Agli ingressi del «sentiero alpino per esperti» (in effetti quel riferimento agli “esperti” sembra un po’ forzato visto che ora più di prima ci saliranno i turisti in infradito) è stato posizionato un regolamento pieno di consigli ma con pochi divieti o vincoli. Il caschetto è consigliato a tutti e l’utilizzo da parte dei bikers è consentito nell’ottica della trail tollerance, con l’unico obbligo - questo sì - per i ciclisti di dare la precedenza agli escursionisti a piedi. Il che è giusto e comprensibile ma siccome non sempre prima accadeva, la nuova Ponale è stata pensata con una separazione il più possibile netta e costante tra chi la percorrerà in bicicletta e chi a piedi.

L’unico dosso che ora compare su ampia parte del tracciato è pensato proprio per questo: pedoni mezzo metro più in alto, in qualche modo isolati e protetti in un segmento di terreno rialzato e largo circa un metro, il resto per le bici un po’ più in basso.

Quindi meno rischi, ma anche meno divertimento per chi finora aveva percorso la Ponale soprattutto in discesa saltellando su e giù da quelle dunette, sfidando la gravità e le traiettorie concesse dall’ingegnosa opera di Giacomo Cis.

Se la scelta è giusta e lungimirante lo sapremo solo nei prossimi anni. Può darsi che i transiti, a piedi e in bici, crescano ancora (quasi mezzo milione nel 2017 prima della chiusura a novembre) ma una parte del fascino di quello che la Ponale è diventata nell’ultimo decennio lo si doveva proprio alle sue caratteristiche tecniche, divertenti e uniche.

Una “pista” che era pensata e dedicata anche alle mtb - rendendo famosa nel mondo la Ponale grazie a copertine, social e testate specializzate in uno sport di popolarità mondiale - mentre adesso ci si passerà per raggiungere tracciati più a monte, scendendola con un po’ meno di emozione e più tempo - questo sì - per guardare il paesaggio.

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