Da Venezia al Garda in barca risalendo l'Adige e le montagne

di Davide Pivetti

Ce l'hanno fatta. In meno di un mese (sono partiti il 12 settembre e sono arrivati a toccare le acque del Garda il 4 ottobre) i protagonisti del progetto «Galeas per montes ri-conducendo» hanno portato a termine una impresa che nessuno aveva tentato dal 1439.

Cioè partire dal mare di Venezia, risalire il fiume Adige in tutto il suo tratto fino a Mori, quindi trasportare via terra il proprio naviglio lungo la valle di Loppio, risalire passo San Giovanni, attraversare le campagne e i vicoli di Nago, ridiscendere verso il Garda scendendo la difficile e tortuosa Valletta Santa Lucia, l'antica strada che collega Nago e Torbole ai piedi della rocca di Castel Penede.

L'equipaggio contemporaneo ha voluto così far rivivere la «magnifica intrapresa» ideata nel 1439 dalla Serenissima Repubblica di Venezia nel tentativo di sorprendere i Milanesi e riprendersi il Garda, in quel periodo in mano agli avversari. Non riuscendo a portare la propria flotta attraverso la pianura padana, perché i porti strategici del basso lago non erano accessibili ai veneziani, la Serenissima pensò di tentare l'inimmaginabile, cioè portare due galee lunghe 40 metri e diverso naviglio minore sul Garda passando dalle montagne, cioè dal percorso ora rifatto da Borsi Borella e dal suo equipaggio i uomini e di donne.

Nel 1439 sappiamo che la sorpresa non riuscì. L'impresa rimase nella storia dell'ingegneria militare, ma la battaglia navale a largo di Desenzano vide vincenti i Milanesi e sconfitti nuovamente i Veneziani. Una fatica immane per nulla. I Veneziani, però, non persero tempo. Da vera potenza militare già nel 1440 ci riprovarono, questa volta facendo arrivare le navi smontate sul lago e rimontandole qui grazie alla presenza delle esperte maestranze dei cantieri veneziani. Le cose questa volta andarono molto meglio. Veneziani e Milanesi tornarono a scontrarsi, questa volta nelle acque trentine di fronte al Ponale e la vittoria fu schiacciante per la Serenissima. E' giusto ricordare che in quel di Riva nessuno ebbe da festeggiare: i mercenari al soldo di Venezia, infatti, non ricevevano paga da tempo ed ebbero quindi mano libera per cinque giorni nel saccheggio della città e dei suoi abitanti.

Dell'impresa tentata l'anno prima via terra si è tornati a parlare una ventina di anni fa con un progetto culturale curato dal comune di Nago-Torbole, con una mostra e con il posizionamento di una targa proprio lungo Valletta Santa Lucia. Poi quei fatti storici furono ripresi da Paolo Malvinni con un lavoro teatrale messo in scena più volte (anche a Castel Penede), ed ora rivivono nuovamente grazie al progetto «ri-conducendo».

Borella e i suoi oggi sono sbarcati a Torbole affrontando anche con l'aiuto di volontari e degli alpini locali l'ultimo tratto di discesa da Nago a Torbole. Anzi, rispetto a quanto l'equipaggio si aspettava in principio, i tratti più difficili da affrontare sono stati quelli lungo il fiume Adige, quando si è trattato di superare la forte corrente, soprattutto nei punti dove il fiume viene scavato per la raccolta delle ghiaie. Meno difficile del previsto l'attraversamento della valle di Loppio e la salita a Passo San Giovanni (nel 1439 servirono duemila buoi per trainare galee e naviglio). Questa mattina, poi, l'arrivo della «sanpierota», la barca di sei metri utilizzata per il progetto, è stato celerbato a Nago con tanto di benevnuto dal sindaco Gianni Morandi, dal coro e dai paesani. Una festa prima dell'ultimo tratto in discesa.

L'ultima tappa verrà percorsa martedì. Da Torbole a Desenzano via lago per ricordare, appunto, la battaglia finita male per i Veneziani in quel lontano 1439. Fatti che, osservava qualcuno in questi giorni, andrebbero ricordati con maggiore attenzione e frequenza, e magari insegnati anche a scuola, a Venezia come sul Garda.

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