Roma, operazione fatale. Muore 29enne di Storo

Era andata in una clinica di Roma per sottoporsi a un intervento di routine, invece pochi giorni dopo l'operazione è morta. Silvia Romagnoli, 29 anni, di Storo, ma da tre anni residente a Condino assieme al marito, è deceduta per una gravissima infezione, a seguito di una perforazione intestinale. La giovane, che lavorava alla Cassa rurale di Saone, era stata operata giovedì scorso, venerdì sono subentrate delle complicazioni, e sabato è stata riportata in sala operatoria. Da lì è cominciato un calvario, culminato ieri notte alle 4 con la morte di Silvia

di Roberta Boccardi

ee74389ecc_1062360.jpg È morta a 29 anni per le complicanze di un'operazione di routine Silvia Romagnoli, moglie amatissima, figlia e sorella adorabile e collega alla quale era impossibile non affezionarsi. «Una ragazza che meritava tutto il bene del mondo», dicono di lei a Saone nella piccola cassa rurale dove lavorava dal 2007, subito dopo la laurea in economia a Trento.
Tre anni fa aveva coronato il suo sogno d'amore sposando Corrado Bianchini, 38 anni, gran lavoratore, dipendente delle Cartiere di Condino, lasciando la «sua» Storo per trasferirsi nel paese del marito.
Giovedì scorso era programmato l'intervento in una clinica della capitale. Silvia, che soffriva di una patologia femminile che richiede cure periodiche, aveva individuato uno specialista al quale affidarsi, dopo essere stata in trattamento a Trento e a Brunico. E sperava di stare meglio. Nei suoi sogni voleva anche diventare mamma. Ma il destino non ha voluto così.
«Mercoledì è stata ricoverata, giovedì è stata operata e sabato doveva già tornare a casa - riferisce lo zio Giuseppe Bettazza (papà del consigliere comunale di Storo Michele,  ndr ) - Invece, venerdì sono subentrate delle complicazioni, e sabato è stata riportata in sala operatoria. Da lì è cominciato un calvario, è partita questa infezione e non c'è stato più niente da fare. Anche mia moglie è a Roma, siamo una famiglia molto legata: è quello che è accaduto a Silvia è una tragedia troppo grande».
La giovane era partita contenta: voleva risolvere il suo problema una volta per tutte, e forse le avevano dato anche troppe speranze. «Doveva essere un'operazione semplice, niente che potesse far pensare a dei rischi e men che meno ad un epilogo così tragico - dice un altro zio di Storo, Vigilio Romagnoli -. Siamo tutti distrutti, i genitori, il marito sono disperati, e mio nipote Andrea sconvolto è partito questa mattina (ieri per chi legge,  ndr ) in treno per raggiungerli. Volevano essere tutti riuniti prima di prendere qualsiasi decisione». È chiaro, infatti, che potrebbero esserci responsabilità per questo decesso che non doveva avvenire. I medici parlano di peritonite, a seguito di una perforazione intestinale, un evento temibile ma affrontabile che, invece, si è ulteriormente aggravato fino a portare alla morte.
Silvia Romagnoli ha cessato di vivere alle 4 dell'altra notte, a quasi cinque giorni dall'intervento. E ieri mattina a Storo, come a Saone e a  Condino, la notizia della tragedia ha gettato tutti nello sconforto. Sotto shock il fratello Andrea, giovane maestro della banda sociale di Storo, subito partito per Roma. Ma anche i colleghi che ogni giorno lavoravano gomito a gomito con Silvia alla cassa rurale di Saone. «Era una ragazza che si faceva voler bene - ripetono tra le lacrime -, era più di una collega: è come se avessimo perso un familiare. E poi è successo tutto così all'improvviso, doveva stare via una settimana, invece non la rivredremo più».  
Costernato anche il presidente della banda sociale, Paolo Zontini, raggiunto dalla notizia mentre si trovava a Parigi per un convegno: «Il maestro mi ha comunicato la tragedia avvenuta nella notte, lui era devastato e io sono sconvolto».
Al capezzale di Silvia, insieme al marito, in questi ultimi giorni erano accorsi i genitori, la mamma Luigina Poletti e il papà Iginio Romagnoli. Fino all'ultimo sono stati vicini alla figlia, sperando in una ripresa, in un miracolo, ma niente hanno potuto i medici contro l'infezione che ormai si era diffusa fino a spegnere ogni speranza.
E adesso al dolore devastante della perdita, si aggiunge lo strazio della decisione da prendere: se andare avanti perché siano accertate eventuali responsabilità, o se evitare questo strascico che aggiungerebbe pena su pena, ma che non potrebbe in alcun modo restituire all'affetto dei familiari chi non c'è più. Una decisione difficile e dolorosa, che si aggiunge a tutta la parte burocratica da sbrigare, necessaria per riportare Silvia a casa.

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