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Occhi italiani pronti a cercare vita sulle lune di Giove: nel progetto anche l'Università di Trento

Nati in Italia quattro strumenti su dieci della missione Juice dell'Agenzia spaziale europea Esa, il cui lancio è previsto il 13 aprile dalla base europea di Kourou (Guyana Francese)

TRENTO. Sono italiani gli occhi che andranno in cerca di possibili spie della vita sulle lune ghiacciate di Giove Ganimede, Europa e Callisto, che sotto la loro superficie ghiacciata nascondono oceani che potrebbero avere le condizioni per ospitare forme viventi.

Sono infatti nati in Italia la maggior parte degli strumenti della missione Juice dell'Agenzia spaziale europea (Esa), il cui lancio è previsto il 13 aprile dalla base europea di Kourou (Guyana Francese).

A presentare il contributo, particolarmente importante, del nostro Paese alla missione Juice (Jupiter Icy Moons Explorerer) sono stati oggi tutti i protagonisti italiani, dall'industria alle istituzioni e alle università. L'ncontro è stato organizzato da Leonardo nel suo stabilimento di Campi Bisenzio (Firenze), dove sono stati costruiti alcuni degli strumenti, con Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e Agenzia Spaziale Europea (Esa), e con il contributo di Thales Alenia Space, Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e delle università di Trento e Sapienza di Roma.

Sono i protagonisti di un grande lavoro di squadra, grazie al quale l'Italia ha costruito quattro dei dieci strumenti della missione, unico dei Paesi partecipanti a dare un contributo così importante.

"Una delle risposte che ci aspettiamo da questa missione è se sulle lune di Giove ci sono le condizioni perché possa esserci la vita", ha detto Giulio Pinzan dell'Esa, che sarà uno dei controllori di volo della missione. "Questa missione potrà dirci molto anche su Giove, che possiamo considerare una stella mancata", ha osservato Barbara Negri, responsabile del Volo umano e della Sperimentazione scientifica dell'Asi.

"Giove - ha detto ancora Negri - è un pianeta anomalo per dimensioni e struttura e una delle teorie ipotizza che il nostro Sistema Solare avrebbe potuto essere un sistema binario", vale a dire con due stelle.

"Questo Juice non potrà dircelo, ma sicuramente una conoscenza di Giove sempre più dettagliata ci permetterà di capire come il gigante del Sistema Solare è quello che noi vediamo come pianeta e che cosa abbia impedito un sistema evolutivo di tipo diverso".

Per Francesco Rizzi, responsabile del business Spazio e Optronica di Leonardo, viviamo "un momento storico irripetibile nello spazio: negli ultimi 20 anni non si è mai vista una tale convergenza di interessi fra istituzioni, privati e difesa. Missioni come Juice - ha osservato - spingono lontano le frontiere della conoscenza umana, capaci di incoraggiare i giovani allo spazio e alle materie scientifiche".

E sono pronti a viaggiare verso le lune ghiacciate di Giove anche i pannelli solari più grandi mai andati nello spazio.

Realizzati in Italia per la missione Juice, sono fra i primati di una missione da record. Con una superficie complessiva di 85 metri quadrati, pari a quella di un appartamento, i pannelli solari della missione Juice, costruiti da Leonardo, sono secondi solo a quelli della missione Rosetta, da 64 metri quadrati.

"Mentre i pannelli solari di Rosetta erano basati su celle fotovoltaiche al silicio, le stesse con le quali oggi sono fatti i pannelli solari che utilizziamo sulla Terra, quello della missione Juice sono di arseniuro di gallio", ha detto Francesco Rizzi, responsabile del business Spazio e Optronica di Leonardo.

I pannelli da record che permetteranno alla sonda europea e ai suoi strumenti di funzionare, sono stati progettati per un ambiente decisamente ostile, come quello gelido di Giove, a temperature che possono raggiungere meno 135 gradi. "Sono complessivamente dieci pannelli da 2,5 metri per tre, composti da più di 3.000 celle solari Più di 3.000 celle solar", ha detto Enrico Suetta, responsabile di ricerca e sviluppo spazio e optronica di Leonardo.

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