Basket / Il re

Il record di LeBron James, la stella dei Lakers che ha segnato più punti nella Nba

Ha superato il record di Kareem Abdul-Jabbar a quota 38.387. Dalla povertà al tetto del mondo, anche negli affari. Una storia straordinaria, con una continua caccia ai primati

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di Paolo Micheletto

TRENTO. Il re è vivo. Viva il re. Perché il nostro re è in salute, al contrario di quanto dicevano i francesi («Il re è morto. Viva il re») nei momenti di passaggio da un sovrano all'altro per confermare la continuità della monarchia. LeBron James è il nuovo re della Nba, il campionato di basket americano: il record di punti segnati in carriera è suo.

La stella dei Los Angeles Lakers nei giorni scorsi ha battuto il record di punti di Kareem Adbul-Jabbar che resisteva da quasi 35 anni superando, dunque, quota 38.387, ovvero il massimo mai realizzato nella lega americana di basket. LeBron James ora è davvero il re della Nba, secondo i dati.

Ma il potere sul regno era iniziato da tempo. È come se Carlo (oggi Carlo III) si fosse portato avanti e avesse piazzato un trono accanto a quello della regina Elisabetta: impossibile in un caso, possibile nell'altro. Con il record di punti LBJ (38 anni) non ha fatto altro che aggiungere un mantello di velluto rosso bordato di ermellino al suo corredo reale: la corona era sua da tempo. Da tempo era king James, con il nome del primo re di tutte le isole britanniche.

Che storia straordinaria, quella di LeBron James. Da Akron, la città dell'Ohio dove è nato («Le notti erano spaventose, con le sirene della polizia e i colpi di pistola») al record di punti della Nba la strada è davvero lunga. Cresciuto senza il padre e con un rapporto fortissimo con la madre, che ha voluto accanto a sé anche al momento del record, LBJ ha vinto quattro anelli Nba (di cui uno più memorabile degli altri, nella sua Cleveland) e ha messo insieme una serie impressionante di primati: i suoi biografi assicurano che sia in testa in almeno 35 voci delle statistiche della Nba.

Ma LBJ è molto di più. È un uomo d'affari, con investimenti in diversi settori, dallo sport al cinema, dalla tecnologia (È stato tra i soci fondatori della società che ha creato le cuffie Beats, poi venduta ad Apple) al food: il suo patrimonio ha superato il miliardo di dollari, anche grazie a stipendi da superstar e allo sponsor più generoso della storia, quello delle scarpe con il baffo.

LBJ è da sempre impegnato in campagne a favore dell'eguaglianza. Si è fatto promotore del movimento «Black lives matter»: celebre la sua frase «Non starò zitto a palleggiare» di fronte ad episodi di violenza nei confronti degli afroamericani, anche in risposta ad un altro re della Nba, Michael Jordan, da sempre attento a non schierarsi, perché «le scarpe le comprano i bianchi e i neri».

Con 38.390 punti LBJ è diventato il miglior realizzatore nella storia della Nba, rompendo una barriera che resisteva dal 5 aprile 1989. Il muro è crollato nella partita che i suoi pessimi Los Angeles Lakers hanno finito per perdere (133-130) contro Oklahoma City, davanti a celebrità e tifosi che sono arrivati a pagare fino a 24.000 dollari, pur di avere un posto da spettatore nella notte nella quale si faceva la storia.

Un primato «in corso», che può divenire quasi inattaccabile se LeBron proseguirà a questi livelli: il suo obiettivo, misto tra sogno e marketing, è di giocare con il figlio Bronny, che potrebbe essere scelto l'anno prossimo dalla Nba. Per quanto riguarda lo score non si è posto limiti, ad iniziare dai 40mila punti, che non sono certo impossibili. È andata in scena tutta l'industria americana dell'intrattenimento alla cerimonia messa in piedi per festeggiare LBJ: la partita si è fermata al momento del record e LeBron ha ricevuto la palla del primato da Kareem, il gigante diventato famoso non solo con il gancio cielo (il suo tipico movimento) ma anche con le battaglie civili: fu tra i più giovani collaboratori di Martin Luther King e dopo il basket è diventato uno storico di livello accademico.

È stata una vera festa, come solo il re può meritare. Del resto il record è davvero qualcosa di potente, di sicuro una delle maggiori imprese dello sport. Per diventare l'uomo dei record LBJ ha dovuto iniziare subito da superstar e restare su livelli assoluti per 19 anni. E non è finita. È vero che Adbul-Jabbar in carriera non ha potuto tirare da tre, ma il suo primato sembrava impossibile da battere, agli occhi di chi ha potuto vederlo giocare. Una delle forze della Nba è di «accumulare» campioni e personalità, e di saperle custodire per sempre: Kareem ha reso omaggio a LeBron nel passaggio da un fenomeno all'altro, che non si annullano tra di loro.

Impossibile trovare un paragone con lo sport europeo o italiano in particolare: nel nostro Paese basta cambiare i colori della maglia per diventare un traditore da insultare. Onore al re, quindi. Ma è davvero il migliore della Nba? Forse sì. Ma con Kobe Bryant, Michael Jordan, Magic Johnson, Steph Curry, Wilt Chamberlain, Bill Russell. Tutti numeri uno, a modo loro.

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