Italia / Sanità

Una settimana di ospedale in più per un milione di anziani soli: a casa non avrebbero nessuno

Il periodo nelle strutture di cure si allunga oltre il necessario perché queste persone non dispongono di assistenza a casa. L'assenza di un sistema di accompagnamento ricade così sulla sanità: posti letto occupati più a lungo e aumento della spesa

VIDEO Il punto di primo intervento salva i pronto soccorso di montagna

ROMA. Sono circa un milione gli anziani soli ricoverati in ospedale che restano almeno una settimana più del necessario perché non hanno assistenza a casa, tenendo occupati posti letto e incidendo sui costi delle strutture.

I ricoveri in medicina interna sono circa un milione e la metà dei ricoverati, quindi 500mila, è over 70 e non ha nessuno. Il 50%, secondo la stima del Fadoi (la società scientifica di medicina interna), resta almeno una settimana più del dovuto: si tratta di 250mila anziani ogni anno.

Ma allargando lo sguardo all'insieme dei ricoveri (5 milioni) si può stimare che in tutti i reparti siano almeno un milione.

In Campania, per esempio, senza familiari che possano assisterli in casa e senza una pensione tale da poter pagare le sempre più costose rette per alloggiare in una Rsa, con una sanità territoriale che fatica a prenderli in carico una volta usciti dall'ospedale, quasi un ricoverato ultrasettantenne su due in passa in un letto d'ospedale dai 5 ai sette giorni in più rispetto a quella che dovrebbe essere la sua data di dimissioni da un punto di vista squisitamente clinico.

Così, mentre gli ospedali sono sempre più in affanno per carenza di posti letto e così i pronto soccorso, costretti a far stazionare i pazienti nelle astanterie in attesa si liberi un posto in reparto, in tutta Italia ogni anno 2,1 mln di giornate di degenza devono servire a supplire le carenze di un sistema di assistenza sociale che scarica sulla sanità le sue carenze.

A livello nazionale, come detto, considerando che con la pandemia i ricoveri sono scesi da 6 a 5 milioni l'anno e che almeno la metà di questi sono di over 70, considerando poi che ben più del 60% di questi prolunga mediamente di una settimana il ricovero oltre le necessità sanitarie, in tutto sarebbero 2,1 milioni le giornate di degenza in eccesso.

Un numero che influisce non poco nell'intasamento degli ospedali e che considerando il costo medio di una giornata di degenza, pari a 712 euro secondo i dati Ocse, fanno in totale 1,5 miliardi l'anno di spesa che si sarebbero potuti investire in vera assistenza sanitaria.

Il 37,5% degli anziani campani ricoverati resta in ospedale perché non ci sono strutture sanitarie intermedie nel territorio, il 25% perché non ha nessun familiare o badante in grado di assisterli in casa, mentre per il 18,7% non c'è possibilità di entrare in una Rsa e altrettanti hanno difficoltà ad attivare l'Adi, l'assistenza domiciliare integrata. In altri termini un mix tra deficit di assistenza sociale e di mancata presa in carico da parte di servizi e strutture sanitarie territoriali.

Una volta dimessi i pazienti ultraottantenni vanno direttamente a casa, chi riesce attivando l'Adi.

"Negli ultimi anni dimettere il paziente al proprio domicilio è diventato sempre più difficile. Sia nelle grandi città che nei piccoli centri, le famiglie sono raramente disponibili, soprattutto per problemi economici e lavorativi, a prendersi cura e a farsi carico dell'assistenza ai loro congiunti che, a volte molto banalmente diventano un peso in una società che corre e che quasi mai ha l'abitudine di rallentare e di guardare indietro", commenta la presidente Fadoi Campania, Ada Maffettone.

"Questo per i medici ospedalieri e soprattutto gli internisti - prosegue - è diventato un problema e il Pnrr sembrerebbe avviarci a risolverlo, avendo destinato la maggior parte delle risorse al territorio. Il Pnrr dovrebbe essere una occasione per tutti gli operatori della sanità che probabilmente lavorando, collaborando, comunicando tra loro potrebbero indirizzare al meglio i nostri decisori sulle scelte da farsi. Ben venga quindi il potenziamento dell'assistenza domiciliare e dei presidi sul territorio, con lo scopo di svuotare gli ospedali da pazienti che possono essere curati e gestiti meglio integrando i servizi socio- sanitari. Vanno però rivisti anche gli standard ospedalieri che devono andare di pari passo con quelli del territorio".

"Credo - continua - che vada dato il giusto peso a tutte le professionalità. Certo si parla di Case di comunità, Ospedale di Comunità ormai da qualche anno ma ancora oggi sono parole e non credo sia facile partendo dai distretti organizzare a cascata sul territorio una struttura capace di sostenere l'attuale situazione e quello che potrebbe essere il futuro. Oltretutto il territorio e l'ospedale o costruiscono insieme i percorsi o viceversa resteranno come sempre due entità separate, che non comunicano. Attualmente inoltre mancano le figure professionali e non sarà semplice anche nei prossimi anni recuperarle perché i tempi della loro formazione sono lunghi".

comments powered by Disqus