Sanità / L'indagine

I medici ospedalieri trentini sono stanchi, sfiduciati e lavorano troppo

L'indicazione emerge dalle interviste svolte dal sindacato Cimo-Fesmed, che le ha illustrate questa mattina, 16 febbraio: solo il 26,6% del campione tornerebbe a lavorare negli ospedali pubblici, una quota significativa vorrebbe un posto nell'ambito del privato oppure all'estero. Le ore lavorate in eccesso rispecchiano il numero di medici mancanti nei reparti provinciali: un centinaio di professionisti

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TRENTO. Stanchi, sfiduciati, "aggrediti" dalla burocrazia e in cerca di una via di fuga, all'estero o nella sanità privata.

È questo il quadro che emerge dallo studio effettuato dal sindacato Cimo-Fesmed tra i medici ospedalieri trentini.

I risultati - estrapolati da un'indagine a livello nazionale - sono stati illustrati questa mattina, dalla presidente di Cimo-Fesmed Trentino, Sonia Brugnara, nelle sede di Confcommercio a Trento.

Secondo lo studio (sono 153 i medici ospedalieri che hanno risposto), il 69% degli intervistati non rinnega la scelta della professione medica, ma solo il 26,6% tornerebbe a lavorare negli ospedali pubblici.

Il 29,5% vorrebbe anticipare la pensione, il 18,6% sceglierebbe l'estero e il 17,5% vorrebbe lavorare nelle strutture private.

Sull'esito pesa il gap tra aspettative iniziali e successive che crollano sia in termini di carriera che retributiva.

Per quanto riguarda l'orario di lavoro, solo il 9,1% dichiara di veder rispettato il tetto contrattuale delle 38 ore minime settimanali, mentre il 63% arriva a 48 (il massimo consentito dalla legge) e il 27,9% supera anche le 48 ore.

Il che si traduce in un cumulo di ferie diffuso: solo il 22,7% non ha residuo a fine anno, mentre il 5,2% supera addirittura i cento giorni da smaltire.

Secondo lo studio - ha sottolineato Brugnara - questo surplus di ore lavorate corrisponde a un centinaio di medici che mancano negli ospedali trentini.

A pesare sulla sfiducia del medico ospedaliero c'è soprattutto la burocrazia, ritenuta eccessiva dal 70,8% degli intervistati, mentre la parte relativa all'ascolta del paziente soddisfa solo il 35,7%.

Il dato crolla sulla formazione, ritenuta adeguata dal 4,5%.

I dati rispecchiano quelli nazionali.

Guido Quici, presidente nazionale di Cimo, ha spiegato che sulle aspettative di carriera crollate pesa la chiusura dal 2009 al 2019 di 11.500 strutture semplici e complesse in Italia. Nello stesso arco temporale, il numero di medici negli ospedali italiani è diminuito di 5.500 unità.

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