Salute / L'allarme

Malattie cardiovascolari: drammatico aumento dei morti

Dall'inizio della pandemia sono state ridotte notevolemente terapie e prevenzione, con conseguente aumento della mortalità. A livello globale oggi si stima un trend negativo, con la crescita dai 18 milioni di morti del 2020 a 34 milioni nel 2030

ROMA. Si prevede nel mondo un aumento di morti per cause cardiovascolari che raggiungeranno nel 2030 una cifra pari a circa 66.000 decessi al giorno.

È come se quotidianamente scomparisse una città come Massa o Trapani.

Un aumento da oggi, in cui i decessi sono circa 18 milioni, al 2030, in cui ne sono attesi 24 milioni, pari al 34%.

Un dato che preoccupa gli esperti, in particolare, è che in questo anno e mezzo la pandemia ha ridotto le prestazioni e fatto aumentare la mortalità.

Si è assistito infatti ad una riduzione tra il 50 e l'85% dell'attività chirurgica, del 55% degli interventi di cardiochirurgia, del 75% degli elettrocardiogrammi trans esofagei e delle diagnostiche per cardiopatia ischemica, del 10% di nuove diagnosi di scompenso cardiaco e ad un aumento del 20% della mortalità cardiovascolare e di quella in generale.

Anche per questo, in occasione della Giornata mondiale del cuore, oggi, 29 settembre, la priorità è ripensare le strategie di contrasto alle patologie cardiovascolari nel post-covid, considerando il territorio come attuatore di politiche sanitarie efficaci.

È proprio con questo obiettivo che si riuniscono oggi per la prima volta rappresentanti delle società scientifiche, dei pazienti ed esponenti della società civile, insieme ad istituzioni e settore privato, all'evento "Nuove strategie di prevenzione cardiovascolare nel post-pandemia: la sfida parte dal territorio", organizzato da Novartis Italia e patrocinato da Health City Institute.

Dopo un calo della mortalità negli ultimi decenni, i numeri sono di nuovo in aumento, invertendo anni di progresso, sia sul fronte delle cardiopatie ischemiche sia su quello delle malattie cerebrovascolari.

Oggi la prevenzione per gli esperti è fondamentale per recuperare il ritardo e rendere più realistica la riduzione del 25% della mortalità prematura da malattie non trasmissibili, come raccomandato dell'Italian Urban Health Declaration ai Governi dei Paesi del G20.

"La pandemia - evidenzia Massimo Volpe, presidente della Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (Siprec) - ha avuto una serie di effetti importanti. Basti pensare che in un articolo pubblicato su European Heart Journal il numero di infarti arrivati in ospedale nel marzo 2020 sono stati la metà di quelli di marzo 2019.

Quindi anche persone con infarto non si sono recate in ospedale, senza contare chi ha una malattia cronica come ad esempio l'ipertensione o lo scompenso cardiaco.

I dati sono stati più drammatici ancora. Anche il ministro Speranza ha spiegato che serviranno investimenti importanti di tempo e risorse per recuperare. Questo recupero non è un fatto 'cosmetico', ma di straordinaria importanza perché avere più fattori di rischio potrà significare nel prossimi 5-10 anni un numero di infarti, scompenso cardiaco e ospedalizzazioni molto più alto. È un recupero che ha il carattere di un'urgenza".

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