«Vaccini, non affidare la scelta ai genitori»

«Quando nel nostro Paese di vaccini obbligatori ce n'erano meno di quattro, il morbillo imperava e mieteva vittime. Furono i pediatri che, agli inizi degli anni '80, importarono il vaccino contro questa malattia. E fu sulla scorta delle esigenze emerse in quegli anni, così come delle esperienze già maturate negli Stati Uniti, che nel 2003 lanciammo un Calendario nazionale per le vaccinazioni: non una mera intuizione ma il risultato di una politica che la Federazione italiana medici pediatri portò avanti dopo aver prodotto il Piano dei bilanci di salute, documenti che per la prima volta tentavano di unificare e dare a tutti i bambini ciò che era loro dovuto sul fronte della sanità pubblica».

È con queste parole che l'ex presidente della Fimp Giampietro Chiementi ha dato avvio ieri pomeriggio al Palacongressi di Riva del Garda al 12° Congresso nazionale dei pediatri italiani, evento che ha richiamato in Trentino oltre 750 professionisti da tutta Italia e un centinaio di relatori. 

«La migliore qualità vaccinale» il tema trattato in apertura, incentrato sugli interventi legati al «Calendario per la vita», rimesso in discussione dal nuovo governo. «Da allora ne abbiamo fatta di strada: non solo siamo riusciti ad andare oltre l'età pediatrica (basti pensare ad esempio ai vaccini Hpv e influenzali) ma anche a far sì che il Calendario venisse adottato dal Piano nazionale vaccini come documento ufficiale - ha detto ancora Chiamenti - Dal 2013 c'è stata però un'inversione di tendenza, causata da due circostanze sfortunate: una sentenza che ha demonizzato il vaccino del morbillo, un falso clamoroso che ha avuto un devastante effetto sulla popolazione, e una comunicazione errata che ha portato alla perdita di credibilità nei confronti di medici ed istituzioni. Da qui l'ascesa del popolo dei "No vax", che cavalcando l'onda del cambio di governo e il diverso approccio verso i vaccini ha fomentato incertezza e spinto affinché venga demandata alla potestà genitoriale la decisione di vaccinare i piccoli pur in presenza di una legge chiara. La tutela dei bambini non è però attribuibile solo ai genitori bensì ad una moltiplicità di soggetti diversi, tra cui noi medici pediatri». 

«Quando si parla di vaccini, è caos? sebbene caos mediatico. Il messaggio che passa sui canali social assume infatti agli occhi dei genitori la stessa valenza di un documento legislativo - ha aggiunto Stefania Iannazzo, dirigente medico dell'Ufficio malattie infettive del Ministero della salute - Ecco perché nell'organizzazione nel nostro ambito professionale dobbiamo impegnarci ad utilizzare un linguaggio univoco, almeno per quanto riguarda i grandi temi dell'infanzia, e far passare un messaggio comprensibile: tutti i bambini hanno necessità di poter godere degli stessi diritti e di un'erogazione delle cure omogenea in tutta Italia». 

«Se smettiamo di produrre vaccini - ha concluso Chiara Azzari, direttore di Immunologia pediatrica - e di proteggere i nostri bambini inseguendo la logica del "le malattie infettive sono diminuite o scomparse e quindi non è più necessario vaccinare" ci troveremo presto di fronte ad un ritorno al passato».

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