Rampollo fuori corso: ma papà deve pagare l'assegno

Non vi è «colpevole inerzia» del giovane rampollo di una famiglia di industriali che è in ritardo con gli studi e sulle tappe della vita adulta anche per i dissapori con l’anziano padre. Il ragazzo, ventiquattrenne, ha quindi diritto al mantenimento. Così la Cassazione ha rigettato il ricorso di un noto imprenditore emiliano, in causa con il figlio e con l’ex moglie, per l’assegno, confermando la decisione della Corte d’Appello di Bologna.

Il mantenimento non termina «automaticamente» con la maggiore età, ma prosegue finché il genitore «non provi che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica o rifiuti ingiustificatamente di cogliere le occasioni ordinarie per raggiungere la propria indipendenza».

E - ad avviso del collegio - il fallimento nel «rapporto del figlio-dipendente con il padre-titolare dell’azienda» non viola tale principio: infatti l’inserimento troppo precoce di un figlio «in un universo produttivo-aziendale di cui sia titolare lo stesso genitore, che con lui sia in conflitto», non è «un’occasione lavorativa ordinaria», ma «dialettica genitore-figlio».

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