Defibrillatori nello sport Obbligo solo per le gare

I ministri della salute Lorenzin e dello sport Lotti hanno reso pubblico che l’obbligo di defibrillatori nello sport vale solo per le gare.

Il nuovo decreto ministeriale conferma la decorrenza dell’obbligo di defibrillatori nello sport dal 1° luglio, tuttavia lo «smussa», applicandolo solo alle gare inserite nei calendari federali ed alle attività competitive organizzate dagli enti di promozione sportiva e non più, come originariamente previsto, a tutti gli allenamenti delle associazioni sportive.

Inoltre, il decreto ministeriale prevede che a livello statale l’acquisto del defibrillatore sia collegato all’impianto sportivo invece che all’associazione sportiva ed esclude dall’obbligo di defibrillatori le gare al di fuori degli impianti sportivi.

Il nuovo decreto ministeriale si sofferma anche sull’esclusione dall’obbligo di defibrillatori delle attività sportive a ridotto impegno cardiocircolatorio, specificando le discipline di bocce, biliardo, golf, pesca sportiva di superficie, caccia sportiva, sport di tiro e giochi da tavolo effettivamente escluse ed estendendo l’eccezione ad alcuni altri sport, tra cui freccette, minigolf, bowling e birilli.


Una macchina perfetta, che costa mille euro, come un telefonino di lusso ma che è in grado di salvare la vita: il defibrillatore dovrà arrivare obbligatoriamente a partire da luglio in tutti i luoghi dove si fa sport, anche quelli amatoriali, ma non è una sorpresa. È a partire dalla legge Balduzzi del 2012 che si aspetta l’arrivo di questo provvedimento.

A spiegarlo è Giuliano Altamura, già primario di cardiologia all’Ospedale Pertini di Roma e fondatore dell’associazione Insieme per il cuore impegnata da anni proprio per la diffusione della cultura della salute cardiaca e per la realizzazione di progetti che hanno lo scopo di organizzare reti di assistenza e di emergenza cardiache, anche con l’uso diffusione dei defibrillatori.

«L’utilizzo è estremamente semplice anche se è buona norma seguire un corso - spiega - perché assieme all’uso dello strumento vengono insegnate anche le manovre di rianimazione.

I corsi si chiamano BLSD, Basic Life Support & Defibrillation, di primo soccorso con l’uso del defibrillatore semiautomatico.

In caso di necessità, se ci si trova di fronte a una persone che potrebbe avere un problema cardiaco, serve avvicinarsi, scuoterlo per vedere se reagisce.

In caso contrario si scopre il petto, si applicano le placche e sarà la macchina a verificare se il cuore ha bisogno di una scarica.

Sarà ancora la macchina a dire cosa fare: allontanarsi dal paziente e spingere il pulsante.

Subito dopo la scarica elettrica sarà ancora il defibrillatore a monitore se il cuore ha ripreso il suo normale battito e a dare indicazioni rianimatorie nell’attesa che arrivi il personale medico».

In sostanza la macchina è in grado di mandare il segnale elettrico al cuore per fare in modo che i ventricoli possano pompare bene il sangue nel cuore, invece di fibrillare. Una condizione, quest’ultima, che porta alla morte o a danni cerebrali gravi se non si interviene velocemente.

Ed è la stessa macchina, con batterie che durano 4 anni, a controllare da sola ogni giorno la sua efficienza. «Fino ad ora molti defibrillatori - spiega Altamura  - sono stati resi disponibili grazie allo sforzo di associazioni, come è avvenuto nei Tribunali di Roma, o alla Stazione Termini, dove alcune persone sono state salvate così».

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